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lunedì 3 aprile 2017

C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.🌞

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Amo il vangelo di Giovanni per la sensibilità nel descrivere l’umanità di Gesù. E a Betania Gesù si sente così a suo agio che vive tutte le sue emozioni, e il suo amore si colora di commozione, di pianto disperato, di gioia vera. Esprimiamole ste emozioni, lo dico per primo a me!

Amo Gesù che ci insegna a ringraziare, e lo fa in modo unico, prima che avvengano segni divini: non c’è magia, c’è solo gratitudine che metti in circolo, c’è tanta libertà in te che non può che spandersi fino a liberare la morte.
E quelle parole finali: “togliete la pietra” dette a me oggi. Perché non voglio vedere, perché ho messo una pietra sopra, un peso insopportabile. Togli la pietra che separa la vita dalla morte.
E poi “vieni fuori”: c’è una nuova vita da vivere, smetti di nasconderti, di rassegnarti, di piangerti addosso. Ti dici sempre che non vali, che tu non ce la fai? Vieni fuori! Hai sempre paura di fare brutta figura, di sbagliare e te ne stai sempre in disparte? Vieni fuori.
E quel “lasciatelo andare”: c’è bisogno di aria nuova, di sciogliere nodi di paura. Al tuo caro che è morto e ti ha lasciato un buco dì: “Mi manchi, ma ti sciolgo: vai per la tua strada!” A te che hai sbagliato dì: “Adesso basta, lascio andare. Mi sciolgo, mi perdono, la smetto di torturarmi”.
Una pietra si è smossa, è filtrato un raggio di sole, un gri¬do di amico ha spezzato il silenzio, delle lacrime hanno bagnato le mie bende. E ciò è accaduto per misteriose, sconvolgenti ragioni d'amore: era Dio in me, amore più forte della morte.
fra Giorgio Bonati





Guarda la tua ferita, da lì entrerà la Luce. Trasformare le ferite in feritoie

Robert Cheaib 
Come fidarsi dell'Amore quando nella vita non si è ricevuto amore?
 Come forzare la vita a pronunciare una parola di senso?
Queste sono le domande scottanti di questa presentazione del libro 
"Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata".

>>> Di che cosa parla il libro

 "Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata"?


Ok. Non è proprio una #rispostalvolo! Anche se qualche lettore mi ha chiesto realmente di cosa parlasse il libro. Oltre alla quarta di copertina che ho riprodotto nella pagina dedicata  (la trovi qui), ho preferito rispondere prendendo 2 pagine dal libro stesso... Sembra un'introduzione, ma in realtà è un post-ludio... perché il libro invita a qualcosa di più di una semplice farcitura di sapere teologico-spirituale, invita a un'esperienza di sapore, di gustare la presenza di Dio e di assaporarla per giungere alla sapienza del cuore, di cui parla il Salmista. E ogni capitolo inizia con una storica evocativa e provocativa proprio per permettere al lettore un'immersione integrale e non solo di pensiero... col desiderio di riecheggiare lo stile di quel grande narratore di Gesù di Nazaret. 
Vi lascio con gioia con quest'assaggio panoramico.
Ah... e se sei su facebook... puoi trovare anche lì la pagina del libro: Alla presenza di Dio
*

Al nostro nascere ci troviamo catapultati nella vita. È tutt’altro che un ingresso soft. La vita non ci dà il lusso di una pausa di riflessione per ritrovare le nostre coordinate, raffinare il nostro stile, fare un po’ di tentativi e poi cominciare a vivere. Anche l’apprendistato del vivere – se così lo si potesse chiamare – è già vivere. Secondo Maurice Blondel, per il semplice fatto di esistere l’uomo si ritrova segnato da tre «condanne»: a dover vivere già prima di averlo desiderato; a dover volere e agire prima ancora di sapere chi è; ad essere in-caricato del giogo eterno di responsabilità per le proprie azioni[1]. La domanda fondamentale che ogni vita umana deve porsi è quella del proprio senso: «La vita umana ha o non ha un senso? E l’uomo ha un destinazione?»[2], non si pone in una sala di prove tranquilla, ma nella arena. In questo senso, possiamo dire che ci troviamo sempre «nel [bel] mezzo del cammin di nostra vita».
La vita, in altri termini, non permette veri e propri preludi. Un preludio musicale, infatti, è un breve brano che viene suonato per riscaldare gli strumenti e per entrare nell’atmosfera, prima di eseguire il pezzo vero e proprio. È il corrispondente dell’introduzione o del prologo in un’opera letteraria. In questo libro, ho volutamente optato per un postludio, proprio per catapultare il lettore in un’esperienza diretta, senza preavvisi. Nella vita, infatti, ci troviamo già in gioco ad eseguire le nostre sonate. Questo postludio, come un breve brano musicale eseguito a opera compiuta, vorrebbe a sua volta simulare una situazione della vita. Spesso le situazioni che attraversiamo le comprendiamo meglio dopo averle attraversate.
È un post-ludio anche perché è uno scritto che segue il gesto ludico, “lo scherzo”. Non me ne voglia il lettore! In fondo, questo pezzo, anche per me, pur essendo stato primo nella concezione mentale, è stato l’ultimo nell’esecuzione vera e propria. Lo si accolga come il suono dell’organo che accompagna l’uscita dei fedeli da un santuario per tuffarsi di nuovo nel mare della vita, con un in-canto rinnovato nel cuore.
Il libro ha voluto proporre un tentativo di risposta a un interrogativo cruciale nella vita religiosa: come si passa da una fede di seconda mano a una fede personale? Tradotto in altri termini: come può una religiosità ereditata diventare una fede matura che trasforma la vita personale?
La religiosità tramandata è un dato di fatto di tante esperienze di fede, quasi facesse parte del DNA trasmesso. Solitamente, le persone si arrendono all’inerzia familiare e/o sociale dell’esperienza religiosa, oppure la rifiutano di getto. Maturare spiritualmente significa prendere in mano quest’esperienza, personalizzarla e impersonarla.
Per chi vuole percorrere questa strada di autenticità e autenticazione, questo libro propone una traccia con cinque dimensioni fondamentali dell’esistenza spirituale. Questi pilastri, se rinsaldati, permettono il passaggio dal “sentito dire” all’esperienza sentita dell’essere cristiano.
I capitoli del libro ripercorrono il momento sorgivo dell’esperienza di fede (Vocazione); l’approfondimento di questa chiamata con la risposta della preghiera intesa come atteggiamento di tutta la coscienza e di tutta la vita (In-vocazione); la vita di preghiera immersa nell’Infinito di Dio viene salata e verificata nella storia e nella concretezza della comunione con gli altri nell’amore (Con-vocazione); il cammino non poteva trascurare l’aspetto di prova, di oscurità, di vertigini che causa il contatto con l’Altissimo, e non poteva chiudere un occhio alla dimensione difficile di morte a sé per pre-gustare la risurrezione e la maturazione della fede (Pro-vocazione); l’ultimo capitolo, infine, considera alcune dimensioni che accompagnano e consolidano ogni maturazione della fede: la dimensione del ricordo, del fare memoria della fedeltà del Signore, dell’equilibrio che traduce la maturazione attraverso un felice connubio tra lo spiritoso e lo spirituale, l’umore e l’amore, la maturità e l’infanzia spirituale (E-vocazione).
Se il libro precedente – Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana – ha voluto ripercorrere primariamente “l’Oggetto” della fede cristiana, quest’opera delinea un cammino per il soggetto credente. La proposta è di un itinerario di vivibilità concreta, di un percorso che va al di là dell’informazione religiosa. È un cammino verso la trasformazione, la conformazione, anzi, verso la trasfigurazione, con la speranza di incentivare l’attiva resa all’opera della Grazia affinché chi legge, contempli a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore e venga trasformato «in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).
Nelle pagine del libro sono trattati alcuni momenti chiave della vicenda di Abramo, «nostro padre nella fede». È chiaro che non è un libro su Abramo, ma con Abramo. La figura del Patriarca viene considerata per la sua importanza tipologica e paradigmatica. Come Abramo, ogni essere umano è esodo, è cammino, chiamata a fiorire, rischio da assumere, dono da conquistare, umanità da umanizzare e appello a essere amico di Dio.
A differenza della letteratura apocrifa, rabbinica ed extra-biblica (come quella coranica) – dove Abramo è dipinto come paradigma dell’uomo ideale e perfetto – la Scrittura ci parla di un uomo reale in cammino, un uomo che oscilla tra una fede esemplare, eroica, coraggiosa e momenti di sconforto, di fatica, di dubbio, fino ad avere un comportamento meschino e vigliacco in alcuni momenti del suo cammino. Ed è per questo che l’Abramo biblico è una figura avvincente e affascinante. «Lo è in ragione del suo itinerario non lineare, del suo modo di cercare a tastoni il senso del proprio destino e della sua lunga attesa, in cui la speranza e la fiducia camminano di pari passo col dubbio e perfino con lo smarrimento»[3]. L’esistenza di Abramo, come quella di ogni uomo, è dominata dall’imprevisto, da cadute e risurrezioni. Proprio per questo è una figura vicina, simpatica e, quindi, paradigmatica.
Vedendo che un grande biblista del calibro di Carlo Maria Martini ha dichiarato così all’inizio del suo libro su Abramo: «Mi libero delle pastoie di una pura esegesi della parola, prendo la parola nel contesto, la paragono con altri contesti e cerco in che maniera essa è rivelatrice dell’esistenza cristiana»[4], mi sono sentito pienamente libero di guardare alla vicenda di Abramo come stimolo, simbolo e modello. È un modello incoraggiante, perché nella sua debolezza, nei suoi dubbi, nei suoi tentennamenti, ma anche nel suo peccato Abramo ha sperimentato il Signore. Ha sperimentato la sua vicinanza, fedeltà, perdono, pazienza, assieme alla sua intransigenza, incomprensibilità e imprevedibilità. Al cospetto del Signore ha visto il peggio di sé – ed «è raro trovare Dio in una coscienza che ignori i tormenti delpeccato»[5] – ma è stato anche testimone, in se stesso, delle grandezze a cui può giungere un umano.
La vicenda di Abramo ci insegna che Dio «si inserisce nella storia di uomini veri e fa storia dentro la cronaca quotidiana, in un intreccio sorprendente di cose straordinarie e di cose normali, persino banali e scandalose»[6]. Dio si inserisce nella mia e nella tua storia, ciò che conta è restare in ascolto, perseverare alla Presenza di Dio.



[1] Cf. M. BlondelL’Azione, 65.
[2] Ibid. (ho modificato la traduzione italiana della parola destinée da “destino” in “destinazione” perché risponde di più all’intenzionalità di Blondel).
[3] J.-L. SkaAbramo e i suoi ospiti, 84.
[4] C.M. MartiniAbramo nostro padre nella fede, 9.
[5] E.M. CioranLacrime e santi, Adelphi, Milano 20095, 55.
[6] S. GaburroL’ironia, “voce di sottile silenzio”, 67.

giovedì 23 marzo 2017

E' giunto a voi il regno di Dio.

VANGELO


Lc 11, 14-23  
Dal Vangelo secondo Luca  
   
In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.   
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.  
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.   
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».  
   
C: Parola del Signore.  
A: Lode a Te o Cristo.
Diavoli & C. «manuale per riconoscere il pensiero del mondo e la tentazione»
😈 Beelzebùl...👹
. 
Già il nome fa da suo, ma poi pensare di travestirlo con i classici
corna e coda e forcone in mano pronto ad infilzare chi passa sotto le sue sgrinfie… 

a me fa sorridere.IL BLOG del...  diavolo BERLICCHE!
 fra Giorgio Bonati
E’ proprio una questione di occhi. Gesù fa parlare un muto, e chi gli sta attorno vede il diavolo. Non è solo strabismo, qui c’è qualcosa d’altro. Qui c’è una chiusura mentale prima che visiva. C’è che qualcuno in nome della ‘legge’ non accetta che la realtà sia diversa da come l’ha sempre vista. 
Ne parlavo l’altro giorno: 
una ragazza mi diceva che una sua amica le ha sconsigliato di andare al concerto di Gabbani, il suo cantante preferito, perché sembra si sia accostato alla filosofia orientale. A me se una mi dice così vien voglia di andarci…
ma preferisco Niccolò Fabi.
Ed io che vado a serate mensili di conoscenza e condivisione con musulmani, buddisti e baha’i…
ho compreso una cosa, e chiaramente:
"Chi crede nel suo cammino, non ha bisogno di dimostrare che quello degli altri è sbagliato.” 
Credo che nella testa di tali persone ci sia solo tanta paura, e dunque si rintanano nelle loro ‘piccole case’ a guardare solo il conosciuto, il già visto, il sicuro… 
tutto il resto è male, è Beelzebùl.
La risposta la riceveremo domenica al termine del vangelo del cieco nato: "Se foste ciechi, non avreste peccato. Ma siccome dite: 
"noi vediamo", il vostro peccato rimane". Quelli che credono di possedere la verità, di sapere come è Dio…
per Gesù sono ciechi, perché vedono solo l’apparenza, non il cuore.
Io continuerò ad occuparmi del bene, a spendere energie alla ricerca del buono, ad aver attenzione e cura al bello. Credo di non aver altro tempo da dedicare a Beelzebùl.
Madre Teresa, che si è spesa assai più di me scrive: 
"Ogni giorno io mi impegno a diventare una cattolica migliore. Recito spesso una preghiera: O Signore, ti ringrazio per i musulmani e gli induisti. E per tutti i miei cari amici tra loro. Ogni volta che ti incontriamo nella preghiera, tu ci rendi migliori cristiani, migliori musulmani, migliori induisti. Dà a tutti noi il dono della fede per saperti scorgere. 
(Domani sarò in viaggio per cui posto ora, ma non fate i furbetti, aspettate il nuovo giorno) fra Giorgio Bonati


 Vi sono due errori, uguali e opposti, nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi dei Diavoli. Uno è quello di non credere alla loro esistenza. L’altro, di credervi, e di sentire per essi un interesse eccessivo e non sano. I Diavoli sono contenti d’ambedue gli errori e salutano con la stessa gioia il materialista e il mago. »
Le Lettere di Berliche
C.S. Lewis 



mercoledì 11 gennaio 2017

Fidati di Me.






Sono andato a rileggere le mie parole delle settimane a Sestri. Inizio a regalarti la prima.
Come sai, amico caro, mi sono regalato una settimana al mare: di pace, di silenzio e di…svuotamento. Si, ho cercato di svuotarmi, di liberarmi dai tanti e troppi pensieri che la vita mi butta addosso.
Se hai 5 minuti, ti racconto qualcosa di come è andata.
In questi giorni ho semplicemente tentato di accorgermi delle piccole cose che quotidianamente mi sono regalate ma che non ho il tempo di “vedere” e “far mie”.
Le briciole di pane davanti alla cucina sotto la mia stanza sono state la classica “provvidenza”.
Così scrivevo martedì mattina:
“Ho iniziato a <sentire> il mio nuovo giorno non celebrando le lodi e la messa o sbirciando le notizie del mondo…ma quando mi sono soffermato sulle briciole. Ho sentito in quegli istanti il cuore battere, gli occhi scrutare e farsi attenti e attendere un nulla prima di vedere un merlo atterrare sicuro sulla sua colazione. Un uccellino, uscito direttamente dalle mani di un pittore in bianco e nero, è invece appostato e scruta. Attende il suo turno, e quando giunge non si avventa sulle briciole: nel suo doppiopetto, col suo portamento, sembra un signore, anche a mangiare. E quando arriva un passerottino, non lo degna di uno sguardo, cosa che invece fa di buon grado il piccolo, saltellando contento qua e la.”
Ho scritto altre cose in questi giorni, ma sono solo mie.
Ritorniamo a noi, al resoconto della settimana: un colore mi ha accompagnato, costante, ogni istante, senza distrarsi, in questi giorni: il grigio.
Il grigio del cielo e il grigio del mare, della sabbia e dei sassi, il grigio della matita e del pc, dei miei pensieri, del mio maglione, del mio umore.
Il grigio è stato per me il colore del verbo svuotare, e devo dire che ha fatto il suo bel lavoro. Ha tenuto in scacco la mente ed il cuore, non li ha mollati, mai, e così mi sono sentito vuoto, senza radici, senza ali, e si, anche senza Dio.
La prima cosa che il primo giorno ho raccolto in riva al mare è stato un pezzo di legno, grigio, puzzolente, con su Gesù. E’ stato con me, vicino a me, sempre, senza dir nulla, morto sulla sua croce, sfigurato, consumato, contorto.
E’ proprio così Lui: se deve starsene buono, in disparte, contaci, lo sarà. 
Non deve per forza farsi sentire, e richiamare su di se l’attenzione, e consolare…
Se devi svuotarti, anche Lui si lascia emarginare e non ti regala, per una settimana intera, neppure un raggio di sole che sia uno, ma non fa piovere, perché sa che devi immergerti nel grigio di ogni giorno, meno l’ultima mattina, quella che serve per fare un po’ di resoconto e che hai deciso di passare a scrivere, per fare un regalo.
Potrò mai ringraziare un Dio così, che non deve a tutti i costi accendere la luce, ma che pazienta, facendosi grigio, facendosi mare e cielo, e sabbia e sassi, e matita e pc, invisibile nei miei pensieri, sottilissimo filo di lana del mio maglione, muto nel mio cuore.
E’ anche così il mio Dio, presente nell’assenza.
Amico caro, ti ho raccontato un po’ di me, cosa che di solito non è facile succeda. Prendilo come un regalo, un regalo personale, perché viene da dentro. Piglia solo ciò che ti piace, non ciò che serve, perché Dio non può “servirci” per le nostre cose, ma solo essere guardato e gustato.
Le ore che ho trascorso in preghiera con i frati sono l’altro piccolo regalo promesso: le nostre preghiere, nonostante me, sono salite insieme al Cielo, ne sono sicuro!
Ed ora, eccomi pronto a tornare. Spero di essere un po’ più capace di ascoltare, quantomeno ne ho un po’ più voglia. E se anche a te qualche volta verrà voglia di raccontare un po’ di te, fatti sotto, non aspettare che la luce si accenda da sola: ti prometto di essere un buon orecchio!
Grazie per aver condiviso un po’ del tuo tempo con me.

Fra Giorgio Bonati

by giuma56

Il Signore sia accanto a te
 per indicarti la giusta via.
 Il Signore sia accanto a te
 per abbracciarti e proteggerti.
 Il Signore sia dietro di te
 per preservarti dai malvagi.
 Il Signore sia sotto di te
 per sorreggerti quando cadi.
 Il Signore sia dentro di te
 per consolarti quando sei triste.
 Il Signore sia intorno a te
 per difenderti da ogni attacco.
 Il Signore sia su di te
 per benedirti.
 Così ti benedica l'Iddio pieno di bontà.

giovedì 20 ottobre 2016

Sette...



Da quando ho conosciuto Romena, il numero 7 è diventato ancor più prezioso.
E’ sempre stato importante per via dell’arcobaleno e dei suoi colori, dei giorni della settimana o dei sacramenti, dei doni dello Spirito Santo e delle note musicali. Ma da quando ho scoperto che il numero 7 è scritto nella pieve di Romena, ho pure scoperto che è un numero completo perché è la somma del 3 e del 4, simboli rispettivamente dell’uomo e della donna, dei chakra del nostro corpo, come pure dei 7 nani.
La pieve aveva in origine 7 colonne per parte per un totale di 28 metri di lunghezza, nell’abside ha 7 monofore sotto, una trifora e due bifore sopra, e 14 pietre per arrivare in cima alla volta.
C’è chi dice che 7 anni sono un ciclo completo e che tutte le cellule del nostro corpo si rinnovano.
Oggi è 7 anni che mio papà è volato in cielo, e credo davvero che in questi 7 anni io abbia vissuto la più grande rivoluzione della mia vita. Il suo seme, in qualche modo ripiantato in me in un nuovo modo di essere, porta frutto. Uso il presente perché continuo a vedere, giorno dopo giorno, che l’aratura dei mesi successivi alla sua morte, è giunta fino al cuore del mio essere, e il seme deposto, continua a fiorire. 
Ora che questo ciclo si chiude, sono curioso di vedere quali scenari si apriranno in un prossimo futuro. Ovvio che sta a me rizzollare, concimare e attendere che la pace dell’inverno faccia riposare la mia terra, ma la primavera è dietro l’angolo, e i sogni è oggi che bisogna farli, è oggi che il buon grano va buttato. 
Mi piace ricordare che un filo rosso che lega ieri a oggi è che, come quella sera di 7 anni fa, anche stasera Gigi sarà a Bergamo a regalarci parole nuove. 
Quel giorno iniziò la veglia con una poesia per suo padre, morto qualche mese prima del mio, stasera…riascolterò con attenzione. Qualche parola sarà per me, proprio per me.
Fra Giorgio Bonati da FB


giorgio bonati apr 2014
È stato fra Giorgio Bonati ad aprire la tappa "Leggerezza", la 4° della "via della resurrezione" che Romena sta percorrendo in questo periodo speciale dei 25 anni. Potete ascoltare il suo intervento nella pagina Podcast

domenica 8 maggio 2016

Credo che se si guardasse sempre il cielo, finiremmo per avere le ali ... Credo che noi siamo fatti di cielo e terra…

Giorgio Bonati

Mother and Child (detail from The Three Ages of Woman), c. 1905


 Gustav Klimt
Credo che se si guardasse sempre il cielo, finiremmo per avere le ali (Flaubert)
Credo che noi siamo fatti di cielo e terra… ma ho il presentimento che tra le due ci dimentichiamo più spesso del cielo.
 E sì che la testa è in alto e ci vuole poco a guardar su…
Avremmo anche noi, quel giorno, alzato gli occhi, come quando si guarda un palloncino colorato che sale e sale…

e Gesù ci avrebbe salutato così, benedicendoci. Intendiamoci, non la benedizione che riceviamo a messa, no, stiamo parlando di ben altra cosa, una lunga benedizione sospesa in eterno tra cielo e terra. Dio dice bene di me! Io gli piaccio così come sono. Dice bene di me e mi augura il bene: nelle mie amarezze e nelle mie povertà io sono benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto, nelle mie fatiche benedetto...

Dio non si merita, si accoglie. Impariamo da Maria e da tutte le mamme ad accogliere, voce del verbo ‘riempirsi di vita’, e a benedire, come solo loro san fare!
“La gioia di Maria fa essere la fede ciò che è: ospitalità di un Dio innamorato e affidabile. A noi, ammantati di gravità e concentrazione, Maria ricorda che la fede o è gioiosa o non è.”                                                                                                (Ermes Ronchi)