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sabato 29 aprile 2017

Papa Francesco in Egitto...

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Papa in Egitto
 (28-29 aprile 2017)

*** Visita di cortesia al Grande Imam di Al-Azhar e Discorso ai partecipanti alla Conferenza Internazionale per la Pace al Conference Center di Al-Azhar- "La violenza, infatti, è la negazione di ogni autentica religiosità. Perciò solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome."- "Siamo tenuti a denunciare le violazioni contro la dignità umana e contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio". 
Discorso del Santo Padre 
 Al Salamò Alaikum! / La pace sia con voi!
È un grande dono essere qui e iniziare in questo luogo la mia visita in Egitto, rivolgendomi a voi nell’ambito di questa Conferenza Internazionale per la Pace. Ringrazio mio fratello il Grande Imam per averla ideata e organizzata e per avermi cortesemente invitato. Vorrei offrirvi alcuni pensieri, traendoli dalla gloriosa storia di questa terra, che nei secoli è apparsa al mondo come terra di civiltà e terra di alleanze.
Terra di civiltà. Fin dall’antichità, la civiltà sorta sulle rive del Nilo è stata sinonimo di civilizzazione: in Egitto si è levata alta la luce della conoscenza, facendo germogliare un patrimonio culturale inestimabile, fatto di saggezza e ingegno, di acquisizioni matematiche e astronomiche, di forme mirabili di architettura e di arte figurativa. La ricerca del sapere e il valore dell’istruzione sono state scelte feconde di sviluppo intraprese dagli antichi abitanti di questa terra. Sono anche scelte necessarie per l’avvenire, scelte di pace e per la pace, perché non vi sarà pace senza un’educazione adeguata delle giovani generazioni. E non vi sarà un’educazione adeguata per i giovani di oggi se la formazione loro offerta non sarà ben rispondente alla natura dell’uomo, essere aperto e relazionale.
[Text: Italiano, English, Français, Español]*** 
Incontro con le Autorità all’Hotel Al-Màsah del Cairo. 
Discorso del Santo Padre 
Signor Presidente,
Onorevoli Membri del Governo e del Parlamento,
Illustri Ambasciatori e membri del Corpo Diplomatico,
Cari Signori e Signore,
Al Salamò Alaikum! / La pace sia con voi!
La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue cordiali parole di benvenuto e per l’invito che mi ha gentilmente rivolto a visitare il vostro caro Paese. Conservo viva la memoria della Sua visita a Roma, nel novembre 2014, come pure del fraterno incontro con Sua Santità Papa Tawadros II, nel 2013, e con il Grande Imam dell’Università dell’Al-Azhar, Dott. Ahmad Al-Tayyib, lo scorso anno.
Sono lieto di trovarmi in Egitto, terra di antichissima e nobile civiltà, le cui vestigia possiamo ammirare ancora oggi e che, nella loro maestosità, sembrano voler sfidare i secoli.
Questa terra rappresenta molto per la storia dell’umanità e per la Tradizione della Chiesa, non solo per il suo prestigioso passato storico – dei faraoni, copto e musulmano –, ma anche perché tanti Patriarchi vissero in Egitto o lo attraversarono. Infatti, esso è menzionato un gran numero di volte nelle Sacre Scritture. In questa terra Dio si è fatto sentire, «ha rivelato il suo nome a Mosè (1) e sul monte Sinai ha affidato al suo popolo e all’umanità i Comandamenti divini. Sul suolo egiziano trovò rifugio e ospitalità la Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe.
L’ospitalità data con generosità più di duemila anni fa, rimane nella memoria collettiva dell’umanità ed è fonte di abbondanti benedizioni che ancora si estendono. L’Egitto, quindi, è una terra che, in un certo senso, sentiamo tutti come nostra! E come dite voi: “Misr um al dugna / L’Egitto è la madre dell’universo”. Anche oggi vi trovano accoglienza milioni di rifugiati provenienti da diversi Paesi, tra cui Sudan, Eritrea, Siria e Iraq, rifugiati che con lodevole impegno si cerca di integrare nella società egiziana.
[Text: Italiano, English, Français, Español, Português]*** 
 Visita di cortesia a Sua Santità Papa Tawadros II.- 
"La maturazione del nostro cammino ecumenico è sostenuta, in modo misterioso e quanto mai attuale, anche da un vero e proprio ecumenismo del sangue. Carissimo Fratello, come unica è la Gerusalemme celeste, unico è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce".  
Discorso del Santo Padre 
Il Signore è risorto, è veramente risorto! [Al Massih kam, bilhakika kam!]
Santità, carissimo Fratello,
è da poco trascorsa la grande Solennità di Pasqua, centro della vita cristiana, che quest’anno abbiamo avuto la grazia di celebrare nello stesso giorno. Abbiamo così proclamato all’unisono
l’annuncio della Risurrezione, rivivendo, in un certo senso, l’esperienza dei primi discepoli, che in quel giorno insieme «gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,20). Questa gioia pasquale è oggi impreziosita dal dono di adorare insieme il Risorto nella preghiera e di scambiarci nuovamente, nel suo nome, il bacio santo e l’abbraccio di pace.
Sono tanto grato di questo: giungendo qui come pellegrino, ero certo di ricevere la benedizione di un Fratello che mi aspettava. Grande era l’attesa di ritrovarci: mantengo infatti ben vivo il ricordo della visita di Vostra Santità a Roma, poco dopo la mia elezione, il 10 maggio 2013, una data che è felicemente diventata l’occasione per celebrare ogni anno la Giornata di amicizia copto-cattolica.
Nella gioia di proseguire fraternamente il nostro cammino ecumenico, desidero ricordare anzitutto quella pietra miliare nelle relazioni tra la sede di Pietro e quella di Marco che è la Dichiarazione Comune firmata dai nostri Predecessori più di quarant’anni prima, il 10 maggio 1973. In quel giorno, dopo «secoli di storia difficili», nei quali «si sono manifestate differenze teologiche, alimentate e accentuate da fattori di carattere non teologico» e da una sempre più generalizzata sfiducia nei rapporti, con l’aiuto di Dio si è arrivati a riconoscere insieme che Cristo è «Dio perfetto riguardo alla Sua Divinità e perfetto uomo riguardo alla Sua umanità» (Dichiarazione Comune firmata dal Santo Padre Paolo VI e da Sua Santità Amba Shenouda III, 10 maggio 1973). Ma non meno importanti e attuali sono le parole immediatamente precedenti, con le quali abbiamo riconosciuto «il nostro Signore e Dio e Salvatore e Re di tutti noi, Gesù Cristo». Con queste espressioni la sede di Marco e quella di Pietro hanno proclamato la signoria di Gesù: insieme abbiamo confessato che a Gesù apparteniamo e che Egli è il nostro tutto.
Di più, abbiamo compreso che, essendo suoi, non possiamo più pensare di andare avanti ciascuno per la sua strada, perché tradiremmo la sua volontà: che i suoi siano «tutti […] una sola cosa […] perché il mondo creda» (Gv 17,21). Al cospetto del Signore, che ci desidera «perfetti nell’unità» (v. 23) non ci è più possibile nasconderci dietro i pretesti di divergenze interpretative e nemmeno dietro secoli di storia e di tradizioni che ci hanno reso estranei. Come qui disse Sua Santità Giovanni Paolo II: «Non c’è tempo da perdere al riguardo! La nostra comunione nell’unico Signore Gesù Cristo, nell’unico Spirito Santo e nell’unico Battesimo rappresenta già una realtà profonda e fondamentale» (Discorso durante l’incontro ecumenico, 25 febbraio 2000).
[Text: Italiano, English, Français, Español, Português]*** Firma della Dichiarazione congiunta Papa Francesco e S.S. Tawadros II 
( Text - English)*** Messaggio del Santo Padre ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (28 aprile – 2 maggio 2017) 
Sala stampa della Santa Sede***  Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Egitto – Parole del Papa durante il volo Roma-Il CairoSala stampa della Santa Sede Tweet- 
"Siamo chiamati a camminare insieme, nella convinzione che l’avvenire di tutti dipende anche dall’incontro tra le religioni e le culture."- "Il Signore ci conceda di ripartire oggi, insieme, pellegrini di comunione e annunciatori di pace."
By  Kairos:

giovedì 16 febbraio 2017

Non lasciare tracce che il vento non possa cancellare, non adagiarti sui passi compiuti… rimetti in cammino per cercare ancora_ _ _

_ _ _  Bruce Chatwin

L'Anello Magico - don Bruno Ferrero


By leggoerifletto

Il trattino – don Bruno Ferrero

L’incisore di lapidi funerarie alzò lo scalpello e disse: “Ho finito”.L'uomo esaminò la pietra: la foto del padre, le due date 1916 e 2000 separate da un trattino di un paio di centimetri. Poi scosse la testa e disse: "Non so come spiegarmi, ma mi sembra così poco. Vede, mio padre ha avuto una vita piena, lunga, avventurosa. Vorrei si intuisse in qualche modo la sua infanzia in una grande famiglia, la campagna ricca di verde e di animali, i lavori pesanti, la soddisfazione di un buon raccolto, le preoccupazioni per i temporali estivi, la siccità... Poi la guerra, le divise, le tradotte, la ferita, la fuga da un campo di prigionia, l'incontro con mia madre... I figli che nascono, crescono, si sposano, i nipotini che arrivano uno dopo l'altro... Poi la vecchiaia serena, la malattia, certo, ma anche l'affetto, l'amore, l'entusiasmo, la passione, le lunghe giornate di lavoro, le ansie, le preoccupazioni, le gioie...". L'incisore ascoltava con attenzione, poi impugnò lo scalpello e il martello e con quattro rapidi colpi allungò il trattino tra la data di nascita e quella di morte di quasi mezzo centimetro. Si voltò verso l'uomo e fece: "Va meglio così?..."

La vita non può essere un trattino tra due date.
Abbraccia ogni istante della tua vita. Adesso.
La vita è tutto quello che hai.

- don Bruno Ferrero - 


Da: “ 365 piccole storie per l’anima”, Bruno Ferrero, ed. ElleDiCi 




"Un'anima imperfetta come la mia, come può aspirare al possesso della pienezza dell'Amore? O Gesù, mio primo ed unico Amico, te che amo unicamente, dimmi dunque, che cos'è questo mistero? "Iustorum animae in manu Dei sunt, non tanget illos tormentum malitiae, visi sunt oculis insipientium mori... illi autem sunt in pace" (Sap 3,3). 
Sembra agli occhi degli stolti che i Servi di Dio muoiano afflitti e contro voglia, come muoiono i mondani; ma no, che Dio sa ben consolare i figli suoi nella loro morte; ed anche tra i dolori della morte fa loro sentire certe grandi dolcezze, come saggi del paradiso che tra poco vuol loro dare. Siccome quei che muoiono in peccato, cominciano sin da sopra quel letto a sentire certi saggi d'inferno, di rimorsi, di spaventi e di disperazione; così all'incontro i Santi cogli atti d'amore che allora fanno più spesso verso Dio, col desiderio e colla speranza che tengono di presto goderlo, già prima di morire cominciano a sentire quella pace, che pienamente poi goderanno in cielo. La morte a' Santi non è castigo, ma premio: "Cum dederit dilectis suis somnum, ecce hereditas Domini" (Ps 126,2). La morte di chi ama Dio, non si chiama morte, ma sonno, sicché ben egli potrà dire: "In pace in idipsum dormiam, et requiescam" (Ps 4,9).
Apparecchio alla morte, Sant'Alfonso Maria De' Liguori



Ché, se non ti prendi cura di te stesso ora, chi poi si prenderà cura di te? Questo è il tempo veramente prezioso; sono questi i giorni della salvezza; è questo il tempo che il Signore gradisce (2Cor 6,2). Purtroppo, invece, questo tempo tu non lo spendi utilmente in cose meritorie per la vita eterna. 

Verrà il momento nel quale chiederai almeno un giorno o un'ora per emendarti; e non so se l'otterrai. Ecco, dunque, mio caro, di quale pericolo ti potrai liberare, a quale pericolo ti potrai sottrarre, se sarai stato sempre nel timore di Dio, in vista della morte. 

Procura di vivere ora in modo tale che, nell'ora della morte, tu possa avere letizia, anziché paura; impara a morire al mondo, affinché tu cominci allora a vivere con Cristo; impara ora a disprezzare ogni cosa, affinché tu possa allora andare liberamente a Cristo; mortifica ora il tuo corpo con la penitenza, affinché tu passa allora essere pieno di fiducia.

Imitazione di Cristo, Capitolo XXIII



 Atto di accettazione della morte (con indulgenza plenaria)



Signore mio Dio, fin da ora spontaneamente e volentieri 

accetto dalle vostre mani qualsiasi genere di morte 

con cui vi piacerà colpirmi, con tutti i dolori, le pene,

gli affanni che l'accompagneranno, in unione all'agonia 

e alla morte di nostro Signore Gesù Cristo.

Con approvazione eccesiastica
Vicenza, 3 Settembre 1926

Chinque confessato e comunicato reciterà questa o simile orazione, ne avrà revocata la protesta già fatta, lucrerà l'indulgenza plenaria "in articulo mortis" (san Pio X). Recitandola dopo la comunione, si acquista l'indulgenza di anni 7 e 7 quarantene una volta al mese (papa Benedetto XV).

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C’è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto donore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d’inverno. Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. Era tutto ghiacciato, compatto! “Dovrebbe essere magnifico poter pattinare”, urlai, “vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!”. Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: “Stai attento…”.Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. Piangevo e tremavo.Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l’Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un “pezzo di legno” a forma di croce… Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!
- don Bruno Ferrero -


 Ai nonni, che hanno ricevuto la benedizione di vedere i figli dei figli (cfr. Sal 128,6), è affidato un compito grande: trasmettere l'esperienza di vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità una saggezza, e la stessa fede: l'eredità più preziosa!  

Papa Francesco(Incontro del Papa con gli anziani, Piazza San Pietro, 28 settembre 2014)





Buona giornata. :-)



www.efuseraefumattina.blogspot.it



 (COSI' PARLO' ZARATHUSTRA) Also spratch Zarathustra

domenica 22 gennaio 2017

“Chi crede nel suo cammino, non ha bisogno di dimostrare che quello degli altri è sbagliato.”



L'immagine può contenere: uccello
“Chi crede nel suo cammino, non ha bisogno di dimostrare che quello degli altri è sbagliato.”

Mi piace oggi prendere l’avvio con queste parole di Paolo Coelho ...

che mi ricordano che è giunto il tempo di smetterla di credere che la mia strada sia migliore di quell’altra, e ci ricordano di non consumare le energie che abbiamo per far guerra e costruire muri: io voglio solo costruire PONTI, e crescere, e camminare verso un mondo unito.Utopia? Io credo fermamente nelle utopie!E’ solo questo che mi muove ad incontrare, credere al sogno che siamo fatti per amarci, per condividere quello che siamo, e basta incontrarle le persone per rendersi conto che ognuna è un miracolo, di qualsiasi colore sia la sua pelle o il suo credo.Abbè Pierre indica la strada che inizia dal primo passo di casa tua: “Bisogna amare le porte perché sono il posto dove nessuno si ferma.Il posto da dove si passa, da dove si parte, dove avvengono tutti gli incontri. Bisogna odiare le porte chiuse, chiuse agli incontri e chiuse a chi parte.”Sarà bello oggi fare la strada che mi porta alla chiesa Battista e stasera accogliere Lidia Maggi nella mia chiesa. Sono questi gesti, ripetuti, che cambiano il mondo, ne sono sicuro, perché cambiano me!E lascio a Papa Francesco di dare conclusione a questo sogno:


“Aprirsi agli altri non impoverisce, ma arricchisce, perché aiuta a essere più umani: a riconoscersi parte attiva di un insieme più grande e a interpretare la vita come un dono per gli altri; a vedere come traguardo non i propri interessi, ma il bene dell’umanità; ad agire senza idealismi e senza interventismi, senza operare dannose interferenze e azioni forzate, bensì sempre nel rispetto delle dinamiche storiche, delle culture e delle tradizioni religiose.”

lunedì 9 gennaio 2017

Una volta ho letto che i sacerdoti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono! Molti criticano, pochi pregano per loro... preghiamo per i sacerdoti.


By leggoerifletto

Maestro insegnaci a pregare – Padre Andrea Gasparino

"Si potrebbe dire che nella preghiera comandano tre pulsanti. 
Impara a pregare chi è capace di maneggiare i tre pulsanti.
Il primo pulsante è l’umiltà, che vorrei descrivere così: far la verità in noi come primo atto della preghiera.
Mettersi davanti a Dio come si è, non come si vorrebbe essere: fare la verità, fare il punto della nostra situazione con molta concretezza, con molta sincerità anche rude, profonda, senza mezze misure, toglierci le maschere, presentandoci a Dio come siamo…
Non aver paura di perdere tempo in questa operazione di avviamento… non è avviamento è già vera preghiera, infatti è già amore.
Gli altri due pulsanti sono: aprirsi all’amore di Dio e amare.
..Accorgersi dell’amore di Dio per te.
Direi che è il pulsante decisivo: se è forte la convinzione che Dio ti ama personalmente, sinceramente, costantemente, fedelmente; se è forte la convinzione che Dio ti ama anche se tu non rispondi (ma bada dev’essere una convinzione profonda, non un’idea peregrina che ti passa in testa); se tu sei proprio persuaso dell’amore di Dio per te, allora la preghiera parte sola senza sforzi.
Dio mi ama!
Ecco il punto di fuoco della preghiera, ma deve essere un punto di fuoco che cambi in fuoco il tuo rapporto con lui.
Le persone con la preghiera fiacca o malata non hanno ancora capito che Dio le ama…
Dovete lottare con tutte le forze per costruire in voi questa convinzione.
Non bastano pochi sforzi.. Capire che Dio ci ama è come entrare nel profondo di Dio, nel cuore di Dio.. Ogni pagina della scrittura è una scuola dell’amore di Dio, ma chi non impara a leggere nell’amore rimane analfabeta dell’amore.
Chi non fa questo sforzo rimane solo un turista dell’amore…
Poi viene il terzo pulsante: amare! Come si ama nella preghiera? 
E’ difficile dirlo. Forse tutto sta in una cosa semplicissima, tutto sta nell’imparare a offrirci a Dio..
Il cammino della preghiera dovrebbe consistere in questi tre passaggi:

Parlare  (preghiera vocale)
Ascoltare (preghiera di ascolto)
Rispondere  (preghiera di amore)….

“La preghiera è un bene sommo,
è una comunione intima con Dio,
deve venire dal cuore,
deve fiorire continuamente,
giorno e notte.
E’ luce dell’anima,
vera conoscenza di Dio,
mediatrice tra Dio e l’uomo;
è un desiderare Dio,
è un amore ineffabile
prodotto dalla grazia divina” 
(San Giovanni Crisostomo)

- Padre Andrea Gasparino -
tratto da “Maestro insegnaci a pregare”, Andrea Gasparino. Ed. Elledicì





Noi dobbiamo tuttavia pregare che il fuoco del giudizio - cioè il fuoco dell'amore divino - consumi non i peccatori, ma la parte di male che è in ciascuno di essi. 
Così la divisione fra "capri" e "pecore" di cui parla la scena del giudizio universale non si farebbe tra due moltitudini di esseri umani, ma all'interno di ciascuno di loro.

- Olivier Clement -









Mio Dio,
mi hanno detto che Tu,
molte volte,
hai parlato ai Tuoi amici:
ad Abramo, a Mosè, a David,
al Tuo figlio Gesù
quando viveva tra noi,
a San Francesco....
Mio Dio,
mi hanno detto che Tu
parli sempre a chi vuole ascoltarti.
L'universo intero,
le creature della terra,
le opere dell'uomo,
i fatti e le persone,
le pagine della Bibbia
sono pieni di te.
Io mi siedo.
Tante voci mi piovono addosso,
ogni giorno, ogni istante.
I genitori, i professori e
gli amici, i cantanti e i campioni,
la televisione e i giornali...
tutti vogliono dirmi la loro.
Io mi siedo,
con la testa in silenzio,
con il cuore tranquillo,
con il corpo disteso.
Ecco,
tra mille emittenti,
voglio sintonizzarmi
con Te.
Sono pronto.
Mio Dio, parla.
Io ti ascolto.



- Tonino Lasconi - 

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giovedì 5 gennaio 2017

Il viaggio del quarto re...

Epifania:
La vera ricchezza deriva dall'amore!

- Charles Dickens - 
 
By leggoerifletto

Il viaggio del quarto re - don Bruno Ferrero

Nei giorni in cui era imperatore Cesare Augusto ed Erode regnava a Gerusalemme, viveva nella città di Ecbatana, tra i monti della Persia, un certo Artabano.Era un uomo alto e bruno, sulla quarantina. Gli occhi sfavillanti, la fronte da sognatore e la bocca da soldato lo rivelavano uomo sensibile ma di volontà ferrea, uno di quegli uomini sempre alla ricerca di qualcosa.Artabano apparteneva all'antica casta sacerdotale dei Magi, detti adoratori del fuoco.Un giorno convocò tutti i suoi amici e fece loro, più o meno, questo discorso:«I miei tre compagni tra i Magi — Gaspare, Melchiorre e Baldassarre — e io stesso abbiamo studiato le antiche tavole della Caldea e abbiamo calcolato il tempo. Cade quest'anno.Abbiamo studiato il cielo e abbiamo visto una nuova stella, che ha brillato per una sola notte e poi è scomparsa. I miei fratelli stanno vegliando nell'antico tempio delle Sette Sfere, a Borsippa, in Babilonia, e io veglio qui. Se la stella brillerà di nuovo, tra dieci giorni partiremo insieme per Gerusalemme, per vedere e adorare il Promesso, che nascerà Re d'Israele. Credo che il segno verrà. Mi sono preparato per il viaggio. Ho venduto la mia casa e i miei beni, e ho acquistato questi gioielli — uno zaffiro, un rubino e una perla — da portare in dono al Re. E chiedo a voi di venire con me in pellegrinaggio, affinché possiamo trovare insie­me il Principe».Così dicendo, trasse da una piega recondita della cintura tre grosse gemme, le più belle mai viste al mondo. Una era blu come un frammento di cielo notturno, una più rossa di un raggio del tramonto, una candida come la cima innevata di un monte a mezzogiorno.Ma un velo di dubbio e diffidenza calò sui volti dei suoi amici, come la nebbia che si alza dalle paludi a nascondere i colli.«Artabano, questo è solo un sogno», disse uno. E tutti se ne andarono.Artabano rimase solo e uscì sulla terrazza della sua casa. Allora, alta nel cielo, perfetta di radioso candore, vide pulsare la stella dell'annuncio.«Salvami.»Djemal, il più veloce e resistente dei dromedari di Artabano, divorava la sabbia dei deserti con le sue lunghe zampe. Artabano doveva calcolare bene i tempi per giungere all'appuntamento con gli altri Magi. Passò lungo i pendii del monte Orontes, scavati dall'alveo roccioso di cento torrenti. Percorse le pianure dei Nisseni, dove i famosi branchi di cavalli scuotevano la testa all'avvicinarsi di Djemal, e si allontanavano al galoppo in un tuonare di zoccoli. Varcò molti passi gelidi e desolati, arrancando penosamente fra i crinali flagellati dal vento; si addentrò in gole buie, seguendo la traccia ruggente del fiume che le aveva scavate.Era in vista delle mura sbrecciate di Babilonia, quando, in un boschetto di palme, vide un uomo che giaceva bocconi sulla strada. Sulla pelle, secca e gialla come pergamena, portava i segni della febbre mortale che infieriva nelle paludi in autunno. Il gelo della morte già lo aveva afferrato alla gola. Artabano si fermò. Prese il vecchio tra le braccia. Era leggero e gli ricordava suo padre. Lo portò in un albergo e chiese all'albergatore di avere cura del vecchio e ospitarlo per il resto dei suoi giorni. In pagamento gli diede lo zaffiro.Il giorno seguente, Artabano ripartì. Sollecitava Djemal che volava sfiorando il terreno, ma ormai i tre Re Magi erano partiti senza aspettare il loro fratello persiano. Non volevano perdere l'appuntamento con il Grande Re.Artabano arrivò in una vallata deserta dove enormi rocce si innalzavano fra le ginestre dai fiori dorati. All'improvviso udì delle urla venire dal folto degli arbusti. Saltò giù dalla cavalcatura e vide un drappello di soldati che trascinavano una giovane donna con gli abiti a brandelli. Artabano mise mano alla spada, ma i soldati erano troppi e non poteva affrontarli tutti insieme.La ragazza notò l'aureo cerchio alato che aveva al petto. Si svincolò dalla stretta dei suoi aguzzini e si gettò ai suoi piedi. «Abbi pietà» gli gridò «e salvami, per amore di Dio! Mio padre era un mercante, ma è morto, e ora mi hanno preso per vendermi come schiava e pagare così i suoi debiti. Salvami!».Artabano tremò, ma mise la mano nella cintura e con il rubino acquistò la libertà della giovane. La ragazza gli baciò le mani e fuggì verso le montagne con la rapidità di un capriolo. Le mani vuote.Intanto Gasparre, Melchiorre e Baldassarre erano arrivati alla stalla dove stavano Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù.I tre santi re si prostrarono davanti al bambino e presentarono i loro doni.Gasparre aveva portato un magnifico calice d'oro.Melchiorre porse un incensiere da cui si levavano volate di profumato incenso.Baldassarre presentò la preziosa mirra.Il bambino guardò i doni, serio serio.Artabano correva e correva. Arrivò a Betlemme mentre dalle case si levavano pianti e fiamme, e l'aria tremava come trema nel deserto. I soldati dalle spade insanguinate, eseguendo gli ordini di Erode, uccidevano tutti i bambini dai due anni in giù. Vicino a una casa in fiamme un soldato dondolava un bambino nudo tenendolo per una gamba. Il bambino gridava e si dibatteva. Il soldato diceva: «Ora lo lascio, ed egli cadrà nel fuoco... farà un buon arrosto! ». La madre alzava urla acutissime. Con un sospiro, Artabano prese l'ultima gemma che gli era rimasta, la magnifica perla più grossa di un uovo di piccione, e la diede al soldato perché restituisse il figlio alla madre. Così fu. Ella ghermì il bambino, lo strinse al petto e fuggì via.Solo molto tardi Artabano trovò la stalla dove si nascondevano il bambino, Maria e Giuseppe. Giuseppe si stava preparando a fuggire e il bambino era sulle ginocchia di sua madre. Ella lo cullava teneramente cantando una dolce ninna nanna.Artabano crollò in ginocchio e si prostrò con la fronte al suolo. Non osava alzare gli occhi, perché non aveva portato doni per il Re dei Re. «Signore, le mie mani sono vuote. Perdonami...», sussurrò.Alla fine osò alzare gli occhi. Il bambino forse dormiva? No, il bambino non dormiva.Dolcemente si girò verso Artabano. Il suo volto splendeva, tese le manine verso le mani vuote del re e sorrise.
- don Bruno Ferrero - Liberamente tratto da  : Bruno Ferrero, Tutte storie, ed. LDC, pg 78-83.

I Magi offrono i loro doni a Gesù
Andrea Mantegna - 1495 ca.

L’Epifania è una luce inseguita con perseveranza fino alla scoperta di una luce più grande e dirompente, che cambia per sempre la vita. 
Ma dietro l’Epifania può nascondersi il buio, quello più abietto, che magari si traveste di luce, ma che in realtà trama senza scrupoli pur di difendere i propri privilegi. 
L’Epifania è una stella ed è anche Erode, una strada e il suo ostacolo, come sempre accade nella ricerca della fede.


- Papa Francesco -



I Re Magi erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare.

- Papa Benedetto XVI - 





O Dio,
nella quiete della sera,
ripensiamo al vostro amore.
Nella pace del vostro tempio,
ripensiamo al vostro amore.
Come potremo rendere grazie a Voi, Signore,
per tutto quello che oggi ci avete dato?
Vi diciamo, o Signore:
Voi siete il nostro Dio,
non abbiamo altro bene fuori di Voi.


Buona giornata a tutti. :-)