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venerdì 17 marzo 2017

La “captiva” strada...

PERSONA E COMUNITA'
Un brano visionario, che porta nel cuore dell'umana miseria e suggerisce possibili varchi di riscatto, al di là di ogni facile moralismo.
🖊 Post di Rossana Rolando.

🎸 LA CATTIVA STRADA. (brano e musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori, Album Volume 8, 1975). PER LEGGERE IL TESTO CLICCARE QUI.
Fabrizio De André, Concerto (1980)
Nell’“esegesi” che intendo suggerire la cattiva strada non è un’espressione ironica, è proprio una strada cattiva, anzi “captiva”, nel senso latino del termine: unasequenza di “prigioni” in cui sono simbolicamente raccolte tutte le schiavitù che attanagliano l’umanità sofferente.
Il personaggio misterioso (il soggetto di tutti gli incontri) è colui che la percorre fino in fondo. La “cattiva” strada è divenuta la sua strada, quella in cui ha scelto di rendersi visibile.Non rimprovera e non fa prediche, compie invece gesti che stupiscono e provocano un sicuro effetto, tanto che tutti lo seguono affascinati, come se fossero risvegliati ad una nuova vita:🔵 al militare che non ha ancora sparato e lo farà in obbedienza ai comandi(innocente perché inconsapevole o autoassoltosi nell'obbedienza al dovere) getta in faccia uno sputo (e gli ricorda che questo è niente in confronto all'orrore della guerra);🔵 alla regina (una prostituta?) che vende il proprio dolore sui viali dietro la stazione ruba l’incasso del suo mestiere, perché possa tornare com'era prima del suo avvilimento;🔵 al pilota che si crede immortale - ed è questa la sua colpa - trucca le stelle del destino perché sappia di dover morire;🔵 all’alcolizzato offre ancora da bere, così che sia lui stesso a dire “adesso è ora che io vada”, è ora che mi alzi dal mio torpore;🔵 ai giurati bacia la bocca (come il Cristo del Grande Inquisitore di Dostoevskij), per dire loro che essi stessi hanno bisogno di essere perdonati.In ultimo sparisce: lungo tutto il suo viaggio ha ripetuto di dover andare (“è ora che io vada”). La gente non sa giudicare se questo è un bene o un male. Prima di partire egli ha avvertito del pericolo: “Non vi conviene venir con me dovunque vada...”. L’ultima strofa del testo sembra mettere sulle tracce del personaggio misterioso,venuto a percorrere la “cattiva” strada: è l’amore che tutti possono incontrare e dare, è lui - l’Amore - la forza invisibile capace di liberare i prigionieri.Un testo di conversione e di liberazione, privo di moralismi, come è nella poetica di Fabrizio De André.
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Fabrizio de Andrè - La Cattiva Strada

lunedì 6 marzo 2017

Ave Maria



                                            Ave Maria

Ave Maria - Fabrizio De André

*E te ne vai, Maria, fra l’altra gente che si raccoglie intorno al Tuo passare,siepe di sguardi che non fanno male,nella stagione di essere madre.Sai che fra un’ora forse piangerai poi la Tua mano nasconderà un sorriso:gioia e dolore hanno il confine incerto,nella stagione che illumina il viso.Ave Maria, adesso che sei donna, ave alle donne come Te, Maria,femmine un giorno per un nuovo amore,povero o ricco, umile o Messia.Femmine un giorno e poi madri per sempre,nella stagione che stagioni non sente.- Fabrizio De André -* *Buona giornata a tutti. :-)* *  www.leggoerifletto.it 


Il Sogno Di Maria - Fabrizio De Andrè
1970 La buona novella..Dei versi di Fabrizio, ormai giunto alla maturità espressiva, c'è da segnare l'uso della metrica e della rima. Ne è divenuto così padrone da non perdere occasione per proporre un'immagine. E qui le immagini si rincorrono, si sovrappongono, si ammucchiano una contro l'altra dal primo verso all'ultimo..IL SOGNO DI MARIA (Testo)
"Nel Grembo umido, scuro del tempio,l'ombra era fredda, gonfia d'incenso;l'angelo scese, come ogni sera,ad insegnarmi una nuova preghiera:poi, d'improvviso, mi sciolse le manie le mie braccia divennero ali,quando mi chiese - Conosci l'estate -io, per un giorno, per un momento,corsi a vedere il colore del vento.
Volammo davvero sopra le case,oltre i cancelli, gli orti, le strade,poi scivolammo tra valli fioritedove all'ulivo si abbraccia la vite.
Scendemmo là, dove il giorno si perdea cercarsi da solo nascosto tra il verde,e lui parlò come quando si prega,ed alla fine d'ogni preghieracontava una vertebra della mia schiena.
(... e l' angelo disse: "Nontemere, Maria, infatti haitrovato grazia presso ilSignore e per opera Suaconcepirai un figlio...)
Le ombre lunghe dei sacerdoticostrinsero il sogno in un cerchio di voci.Con le ali di prima pensai di scapparema il braccio era nudo e non seppe volare:poi vidi l'angelo mutarsi in cometae i volti severi divennero pietra,le loro braccia profili di rami,nei gesti immobili d'un altra vita,foglie le mani, spine le dita.
Voci di strada, rumori di gente,mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.Sbiadì l'immagine, stinse il colore,ma l'eco lontana di brevi paroleripeteva d'un angelo la strana preghieradove forse era sogno ma sonno non era
- Lo chiameranno figlio di Dio -Parole confuse nella mia mente,svanite in un sogno, ma impresse nel ventre."
E la parola ormai sfinitasi sciolse in pianto,ma la paura dalle labbrasi raccolse negli occhisemichiusi nel gestod'una quiete apparenteche si consuma nell'attesad'uno sguardo indulgente.
E tu, piano, posasti le ditaall'orlo della sua fronte:i vecchi quando accarezzanohanno il timore di far troppo forte.
Il sogno di Maria è la spiegazione che Maria, con ingenuità e timore, dà a Giuseppe, per giustificare il suo stato. Attraverso le immagini oniriche di un volo, Maria ricostruisce l'incontro con l'angelo che le ha lasciato "parole confuse ... nella mente / svanite in un sogno, ma impresse nel ventre". La reazione del buon vecchio Giuseppe, nonostante lo stupore, è piena di calma e di tenerezza e si esprime attraverso una dolcissima carezza, come dolce, e a tratti da brivido, è la linea melodico-armonica, in minore ammiccante al maggiore. Tale effetto viene esaltato da alcuni segmenti di arrangiamento, forse qui più curato che altrove. www.giuseppecirigliano.it/

venerdì 25 marzo 2016

Musica popolare ITALIANA... e le canzoni dei cantautori.

SpiragliDiLuce

Le connessioni tra la musica popolare e le canzoni dei cantautori

Cari amici ed amiche,
in questo blog finora ci sono stati racconti di viaggio, post sulla crescita personale e la meditazione, ben poche cose di musica. Il che potrebbe apparire strano dato che a scrivere il blog è…un musicista! In realtà, strano non è del tutto perché Spiragli di Luce l’ho voluto dedicare a questi temi. La musica ha seguito per ora un percorso parallelo, anche se qualcosa qua e là ho inserito… (dopo metterò un link)
Allora voglio darvi la notizia che mercoledì 30 marzo 2016 suonerò al Teatro Leonardus, il  Teatro del “Colegio italiano Leonardo Da Vinci”, di Bogotà.
Concerto Elvio Rocchi Cantautori Musica Italiana, musica popolare Bogotà .png
Dedicheró il concerto alla Musica popolare del nostro paese…sarà un percorso musicale e narrativo dalle canzoni della tradizione (pizziche, tarantelle, canti popolari e ninna nanne) fino a quelle dei cantautori.
In scaletta, il mio grande maestro Fabrizio De André, ma anche tante altre chicche prese qua e là: brani di Francesco De Gregori e Angelo Branduardi, le canzoni popolari riscoperte da Eugenio Bennato ed un brano poco conosciuto di Italo Calvino…il quale, anche se il fatto non è molto noto, si cimentò pure nello scrivere canzoni.
Cosa hanno in comune la musica delle tradizione e le canzoni dei cantautori?
A mio avviso le similitudini sono molteplici: la musica popolare trova nella ripetizione una delle sue caratteristiche principali, e la canzone d’autore pure. Non va dimenticato che le canzoni tradizionali (in tutto il globo) hanno sempre svolto una funzione rituale, che in alcune occasioni aveva la funzione di celebrare delle festività, in altre quella di operare dei veri e propri rituali di guarigione ed in altre ancora quello di portare i partecipanti ad una sorta di trance che li poteva connettere con il divinoconcetto espresso da Battiato (ci sarà anche lui nella scaletta?) in “Voglio vederti danzare”:
Nei ritmi ossessivi, la chiave dei riti tribali
regni di sciamani e suonatori zingari ribelli”
Il ritmo “ossessivo” può infatti produrre l’effetto di cui tanto ho parlato in questo blog: spegnere la mente e connettere con un livello di percezione superiore.
Mi incuriosisce anche come sia la musica popolare che quella dei cantautori si occupi di raccontare storie. Chi conosce Vecchioni, Guccini, Branduardi, ma anche Bennato, Lucio Dalla, Fossati, Venditti e tutta questa allegra compagnia di grandissimi artisti, sa che oltre alle bellissime musiche, questi brani sono caratterizzati da splendidi racconti che si ascolterebbero volentieri anche se non fossero accompagnati dalla musica. Provate a pensare a Bocca di Rosa di De André o a Samarcanda di Vecchioni: a chi non piacerebbe ascoltarle narrate come una storia attorno al camino?
Quando ho iniziato a scrivere questo spiraglio pensavo di dare la notiza del concerto e fermarmi lì. Adesso però mi sto appassionando, perché le canzoni che vorrei fare sono tante e le storie da raccontare pure. Branduardi fece un intero album dedicato a San Francesco d’Assisi… mi verrebbe voglia di inserire non una bensí tutte le canzoni del disco nel concerto…ma ovviamente non si può. E se penso a San Francesco mi viene anche la bellissima Fratello sole, sorella luna nella versione del cantautore Claudio Baglioni. Eh già, ci vorrebbe una scaletta di quattro ore e mezzo…
Tornando a Branduardi, una canzone che sicuramente sarà presente è Alla fiera dell’est.
branduardi crescita personale meditazione spiragli di luce
Questo bellissimo brano datato 1976 è basato su un antico canto ebraico, canto per il Seder di Pesach, la cena della Pasqua ebraica. Nel brano originale non si tratta di un topolino bensí di un capretto e la sequenza delle strofe rappresenta in realtà il susseguirsi della storia del popolo ebraico tra le varie dominazioni, schiavitù e liberazioni. Ilgatto rappresenterebbe infatti il regno di Babilonia e il cane l’Egitto. Il bastone che “picchia il cane” sarebbe il bastone di Mosé con cui apre le acque del Mar Rosso (in cui gli egiziani rimangono sommersi) il fuoco (che “bruciò il bastone”) e l’acqua (che “spense il fuoco”) rappresentano i successivi regni di Nabuccodonosor prima e di Persia e Media poi. Il toro rappresenta la cultura greca e il macellaio quella romana che pose fine alla cività ellenica. Può essere interessante citare che, nel 1989, la cantautrice israeliana Chava Alberstein, in polemica con la politica estera dello stato di Israele fece una sua versione del canto tradizionale in cui inserí tra anche l’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Provate ad ascoltare la musica e guardate se non vi ricorda qualcosa…
L’ultima canzone di cui voglio parlare è riturnella, vocabolo calabrese che in italiano significa rondine. La rondine è un’animale che migra, quindi se ne va e poi ritorna (appunto, riturnella) e in più di una canzone popolare del nostro sud è utilizzata come simbolo dell’amante lontano e dell’amata che attende il suo ritorno.
Molte canzoni popolari hanno seguito la tradizione orale, il passaggio da bocca a bocca, rischiando di perdersi nell’epoca contemporanea. Così non è stato per questo bel canto, trascritto la prima volta dall’etnomusicologoAntonello Ricciche la sentì cantare da una anziana signora di Cirò, Mariangela Pirito, detta Za ManciulitaLa canzone venne poi ripresa da Eugenio Bennato che la pubblicò nel 1978, rendendola famosa e salvandola (forse) da un oblio a cui pareva tristemente destinata.
E con questa storia è tutto, quindi: Mercoledì 30 marzo, Elvio Rocchi in concerto a Bogotà, presso il Teatro Leonardus, con “Musica popolare italiana”, concerto organizzato dalla Società Dante Alighieri. Ed ora chiudiamo con un pò di gallery e riferimenti dei brani citati…
Il primo link che avevo promesso è il mio primo spiraglio musicale, la mia versione di “Prospettiva Nevski” di Franco Battiato.
Il sultano di Babilonia e la prostituta (dalla storia di San Francesco) – A. Branduardi (in questa versione canta anche Franco Battiato)
Fratello Sole, Sorella Luna – Claudio Baglioni
Samarcanda – R. Vecchioni
Riturnella, nella bellissima versione dei “Bizantina”

giovedì 18 febbraio 2016

Elogio della solitudine

La solitudine


"La solitudine (il silenzio, suo stretto parente, bisogna imparare ad ascoltarlo. Il silenzio non esiste) non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici (per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine). Ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. Basta abbandonarsi alle voci dell'Universo."


Fabrizio De André
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