Economisti a lezione da Aristotele
Dignità umana e sviluppo del bene comune.
Pubblichiamo il testo integrale del discorso tenuto dal segretario di Stato durante la conferenza «Dignità umana e sullo sviluppo umano» che si è svolta a Roma, dal 22 al 24 ottobre 2014 inaugurando il Global Gateway dell’università di Notre Dame.
(Pietro Parolin) Vorrei presentare alcune considerazioni, tratte dalla dottrina sociale della Chiesa e dal più recente magistero di Papa Francesco. Confido che saranno utili per riassumere il dibattito e suscitare ulteriori approfondimenti e nuovi sviluppi per l’azione sociale dei cattolici e di tutti coloro che vogliono un mondo sempre più umano e fraterno.I temi che sono stati trattati indicano che, parlando della relazione tra sviluppo e dignità umana, i termini “economia”, “sistemi economici” e altri simili possono essere usati come sinonimi del termine “sviluppo”.Ciò consente di comprendere meglio le sfide odierne nella promozione della dignità umana. Infatti, lo sviluppo è strettamente legato sia all’adeguata gestione delle risorse dei Paesi poveri sia al governo dell’economia dei Paesi ricchi, che ha ricadute, positive o negative, sull’economia dei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, la ragione fondamentale per iniziare dall’economia è che il magistero sociale della Chiesa ha costantemente rilevato che le difficoltà più profonde per uno sviluppo umano integrale si trovano in una visione deformata dell’uomo e dell’attività economica, che minaccia la dignità della persona umana.Quale è la posta in gioco? È una delle domande sollevate dal vostro documento preparatorio. In gioco è il concetto stesso dell’uomo e della sua socialità. Il Santo Padre, nell’identificare i difetti del presente assetto economico mondiale, non esita ad usare toni particolarmente duri. Nella Evangelii gaudium (53) il Papa afferma che «così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della iniquità”.Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita». E poi più avanti: «per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete» (ibidem 54).L’insegnamento contenuto nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium del Santo Padre non vuole condannare o promuovere un determinato sistema economico. Lo stesso Pontefice dice che non è quella la sua intenzione (cfr. ibidem 184 e 209). Ha uno scopo assai più profondo e lungimirante, che è quello di scuotere le coscienze per promuovere una rinnovata attenzione all’uomo, che non può essere ridotto ad un agente del mercato, a mezzo di produzione o consumatore, o a entrambe le cose. Tale rivalutazione deve necessariamente portare ad una riformulazione delle fondamenta del pensiero economico. E dovrebbe essere la chiave per comprendere la corretta relazione tra “sviluppo umano e dignità umana”.L’uomo è un essere creato a immagine e somiglianza di Dio e, per la redenzione operata da Gesù Cristo, Verbo incarnato, è chiamato ad essere figlio di Dio. Come tale è pure chiamato a vivere in pace con i suoi fratelli, in uno spirito di donazione e di amore, che rispecchia l’essenza di Dio che è amore (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, 54).La gratuità è perciò una componente indispensabile per la costruzione e la coesione della vita sociale (cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, 2, 6, 7 e 38; Francesco, Evangelii gaudium, 205). La riduzione dell’uomo ad agente economico finisce prima per scartare la vera identità di ciascuno, poi per “scartare” gli altri, quando non risultano più essere utili materialmente. Secondo Papa Francesco, «il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Evangelii gaudium, 2). «Per questo, chi desidera vivere con dignità e pienezza non ha altra strada che riconoscere l’altro e cercare il suo bene. Non dovrebbero meravigliarci allora alcune espressioni di san Paolo: “L’amore del Cristo ci possiede” (II Corinzi, 5,14)» (ibidem 9). Conosciamo bene, tuttavia, e non c’è bisogno di fermarsi su questo punto, come la visione materialista dell’uomo e della società sia frutto di un certo pensiero chiuso alla trascendenza, sviluppatosi, sempre con più forza, lungo gli ultimi tre secoli, con importanti ricadute sul pensiero economico.Il Santo Padre, riprendendo un concetto classico che risale ad Aristotele (Politica I, 9), ricorda che «l’economia, come indica la stessa parola, dovrebbe essere l’arte di raggiungere un’adeguata amministrazione della casa comune, che è il mondo intero» (Eg, 206). La scienza e la politica economica sono, quindi, innanzitutto scienze e tecniche pratiche, subordinate alla politica e alla morale e devono essere guidate dalle virtù della giustizia e della prudenza.Il pensiero dominante invece, tende a vedere l’economia come una scienza fenomenologica, simile alle scienze fisico-matematiche, che ha il compito di discernere il miglior modo di condurre l’agire umano verso l’obiettivo della massimizzazione dello sfruttamento delle risorse.Al contrario, Aristotele, il cui pensiero, tramite la scolastica medievale, è servito di ispirazione al pensiero sociale cristiano, avvertiva contro ciò che chiamava la seconda forma di “crematistica”, che porta a convertire tutte le facoltà umane e tutte le attività in mezzi per produrre denaro (Politica I, 9). Questa tentazione multisecolare si è riproposta con forza nei tempi odierni, come segnala il Santo Padre Francesco, che denuncia con forza la «relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predominio su di noi e sulle nostre società» (Eg, 55).Certamente, un corretto pensiero economico, inteso come la scienza e «l’arte di raggiungere un’adeguata amministrazione della casa comune» (ibidem 206), ha bisogno di formulare teorie e modelli generali sulla realtà con l’appoggio delle scienze empiriche e degli strumenti tecnici. Tuttavia, se si vuole che il suo servizio all’uomo sia efficace, esso non può mancare di una visione integrale dell’uomo e della società, né di un confronto costante con la realtà con cui si vuole operare. Solo così la scienza economica può essere fedele alla sua essenza di scienza pratica e morale.Altrimenti, essa diventa strumento della dittatura del relativismo e dell’apriorismo. Vale specialmente per la scienza e per le teorie economiche ciò che il Papa chiede a tutte le attività intellettuali, ovvero di «instaurare un dialogo costante [con la realtà per evitare] che l’idea finisca per separarsi dalla realtà» (ibidem 231). «L’idea — le elaborazioni concettuali — è in funzione del cogliere, comprendere e dirigere la realtà» (ibidem 232).Vorrei far qui far notare la profonda sintonia tra il Magistero di Papa Francesco e quello dei Suoi predecessori, in particolare Benedetto XVI, la cui Enciclica Caritas in veritate contiene una lucida analisi del tentativo relativistico di convertire il sapere politico, di cui l’economia è una parte, in una “tecnocrazia” sradicata da una comprensione trascendente della natura umana. «Lo sviluppo dei popoli — afferma Benedetto XVI — degenera se l’umanità ritiene di potersi ri-creare avvalendosi dei “prodigi” della tecnologia. Così come lo sviluppo economico si rivela fittizio e dannoso se si affida ai “prodigi” della finanza per sostenere crescite innaturali e consumistiche. DAVANTI A QUESTA PRETESA PROMETEICA, DOBBIAMO IRROBUSTIRE L’AMORE PER UNA LIBERTÀ NON ARBITRARIA, MA RESA VERAMENTE UMANA DAL RICONOSCIMENTO DEL BENE CHE LA PRECEDE. OCCORRE, A TAL FINE, CHE L’UOMO RIENTRI IN SE STESSO PER RICONOSCERE LE FONDAMENTALI NORME DELLA LEGGE MORALE NATURALE CHE DIO HA INSCRITTO NEL SUO CUORE» (Caritas in veritate, 68).Con parole simili, sia Benedetto XVI che Papa Francesco avvertono che la questione dello sviluppo e del giusto governo dell’economia sono insolubili senza una visione completa della persona umana e il costante impegno a comportamenti morali fermi e coerenti, saldamente ancorati nella legge naturale e nella ricerca del bene comune. «Lo sviluppo non sarà mai garantito compiutamente da forze in qualche misura automatiche e impersonali, siano esse quelle del mercato o quelle della politica internazionale. Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune» (Caritas in veritate, 71).Un vero orientamento di tutta l’attività economica verso lo sviluppo umano integrale richiede quindi una conversione dell’intelligenza e del cuore. Occorre sostituire la fede prometeica nel mercato o in altre ideologie e visioni aprioristiche alternative o contrarie, con la fede in Dio e in una visione trascendente dell’uomo, figlio di Dio. Ciò porterà ad una conversione delle intelligenze, nel senso di sviluppare una scienza e una prassi economica che partano da una definizione integrale dell’uomo e si pongano al servizio del suo sviluppo, che sappiano, cioè, orientare la produzione e il consumo alla vera e piena realizzazione dell’uomo, nella sua relazione con Dio e con il prossimo.Vorrei allora concludere queste osservazioni con le parole stesse del Santo Padre, nella convinzione che «a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale» (Eg, 205). Perché dunque non ricorrere a Dio affinché ispiri il pensiero di tutti gli scienziati e di tutti gli operatori dell’economia e dello sviluppo?
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Newsweek(Paul Vallely) He was not what she was expecting, in several ways. The man who would one day be Pope Francis had come to hold a service far from the grandeur of the great cathedral of Buenos Aires. He had travelled – taking the subway train and then the bus – to arrive in one of the shanty-towns, which Argentines call villas miserias – misery villages. (...)*The New York Times(Jesse Wegman) Pope Francis continues to speak out on issues that have long scared off even the bravest American politicians. In a remarkable speech before international penal-law representatives on Oct. 23, the leader of the Catholic Church called for an (...)
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