Come ti asfalto Saviano
Qualche numero per schiarire le idee bioetiche a Saviano & Co.
Roberto Saviano, notissimo giornalista-scrittore-sceneggiatore-presentatore, laureato in filosofia e honoris causa in giurisprudenza, è stato invitato nientepopodimeno che dall’Università di Princeton come Long-Term Visiting Fellow a tenere un corso su politica economica e crimine organizzato. Roberto Saviano è quindi, come riporta la Repubblica, un professore, anzi di più: professore a Princeton.
Il primo settembre Saviano ha parlato dal suo profilo facebook sulla questione dell’adozione di minori da parte delle coppie omosessuali.
Primo pensiero: “Quando venne introdotta la pillola anticoncezionale, una parte di mondo tuonò che non si sarebbero fatti più figli e che tutto sarebbe finito in una sorta d’estinzione”.
Secondo pensiero: “Quando arrivò la legge sull’aborto, fu ribadita la medesima fobia”.
Terzo pensiero: “Il divorzio, invece, per molti avrebbe distrutto ogni famiglia esistente. Come se figli e famiglia fossero possibili solo laddove scelti dal caso e regolamentati (o costretti) dalla legge e non decisi dalla volontà“.
Quarto pensiero: “Ora la stessa reazionaria miopia si scaglia contro le famiglie gay e le adozioni”.
Vediamo di rispondere con i fatti ad affermazioni che, stante la notorietà planetaria dell’autore, hanno ricevuto al momento in cui scrivo un’eco impressionante: 36.900 like, 15.295 condivisioni e 2.973 commenti, numeri destinati a salire ulteriormente col trascorrere delle ore.
Eurostat in maggio ha pubblicato i dati sulla natalità in Europa. Il tasso di fertilità dei 28 paesi europei è 1,58 e nessuna nazione raggiunge la soglia di pareggio posta a 2,1. Questo risultato è raggiunto grazie al contributo determinante degli immigrati. Nel 2012 sono nati in Italia 534.186 bambini di cui quasi 80.000 da genitori entrambi stranieri. In Italia la prima pillola giunse nel 1965, si chiamava Anovlar. L’anno prima, senza alcun significativo contributo straniero, erano nati in Italia 1.035.207 bambini, una riduzione reale di oltre il 56% che secondo le ultime stime ISTAT si è ampliata nel 2013 che ha visto scendere a 515.000 le nascite con un tasso di fertilità delle donne italiane inchiodato ad un desertico 1,29. Qualsiasi demografo potrà confermare a Roberto Saviano che siamo un continente ed una nazione morenti. L’indice di vecchiaia (rapporto tra ultra sessantacinquenni e cittadini con meno di 15 anni) in Europa è a 116,6 con l’Italia posta al secondo posto a 151,4 dietro solo alla Germania in vetta alla classifica col suo 158,0 nonostante la legislazione tedesca renda supertutelata la maternità. Per l’Istituto Italiano di Statistica lo squilibrio costituisce il “debito demografico” contratto nei confronti delle generazioni future, soprattutto in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza. Non so se Saviano pensa che la soluzione stia in quel “rientro dolce” eutanasico tanto declamato, ma grazie al Cielo così raramente praticato.
L’aborto ha contribuito a questo inverno in misura sostanziale. I dati del Guttmacher Institute riferiti a 18 paesi europei nel 2003, riportano 964.400 aborti, questo significa che in Europa un bambino ogni 6 viene volontariamente soppresso in maniera legale prima di nascere. Nella sola Italia da quando la legge 194 ha trasformato il delitto in diritto a tutto il 2012 sono stati 5.435.678 gli esseri umani condannati a morte per applicazione inappellabile del nuovo ius vitae ac necis. Se Saviano pensa che la scomparsa di un numero di esseri umani superiore a tutta la Toscana, le Marche, il Molise più l’intera città di Bologna non abbia riflessi demografici e che averne orrore sia una semplice “fobia”, allora sono immensamente orgoglioso della mia fobia.
Il 1 dicembre 1970 fu varata la legge sul divorzio, l’anno prima furono celebrati 384.672 matrimoni (7,2 ogni mille abitanti). Nel 1971, primo anno di piena applicazione della legge divorzista, le separazioni furono 11.796. Nel 2012 l’Istat ha rilevato 207.138 matrimoni corrispondenti ad un tasso di 3,5 matrimoni ogni mille abitanti. Il dato non rende del tutto il crollo: 174.583 è il numero infatti dei primi matrimoni e 153.311 sono state le prime nozze di cittadini entrambi di nazionalità italiana (-60%). Ancora nel 2012 le separazioni rilevate sono state 88.288 (+748%). Qualsiasi sociologo potrà spiegare che la nuzialità è uno dei fattori correlati alla natalità e le convivenze more uxorio si caratterizzano per un tasso di fecondità inferiore rispetto al matrimonio. I dati dimostrano quindi che da una famiglia con acciacchi siamo passati ad una famiglia pre-agonica e, stante anche la funzione pedagogica delle leggi che ogni giurista e sociologo ben conoscono, è quasi certo che la legislazione divorzista abbia una bella fetta di responsabilità sull’attuale situazione.
Saviano giudica miope l’opposizione al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. Siccome pare che noi, pur con tutta la nostra “reazionaria miopia”, col nostro “bigottismo” e la nostra “paura”, tutti mali diagnosticatici dal professor Saviano, ci avevamo visto su contraccezione, aborto e divorzio, non sarà che ci becchiamo anche sul matrimonio?
Roberto Saviano risponde indirettamente ai nostri timori citando la scienza medica: “La famiglia gay non èmigliore, è un’altra declinazione possibile dell’amore e della famiglia. Esiste uno studio fatto in Australia, il piùimportante realizzato sino ad ora che mostra come i figli e le figlie di genitori dello stesso sesso abbiano salute e benessere maggiori rispetto alla media dei loro coetanei”.
Dispiace doverlo ricordare, ma una delle prime regole della scienza è quella di delimitare i campi delle proprie competenze. La seconda regola, quando si valuta uno studio e soprattutto quando lo si cita, è considerare la metodologia che ha prodotto i risultati. Lo studio menzionato si chiama ACHESS (Australian study of child health in same-sex families) ed è stato pubblicato a giugno su BMC Public Health. Sulla stessa rivista nell’agosto 2012 gli autori ne avevano descritto in dettaglio il protocollo. Lo studio non è stato condotto su un campione rappresentativo, l’arruolamento delle famiglie è stato infatti effettuato attraverso pubblicità su riviste, siti ed eventi sociali di organizzazioni gay. Le famiglie così contattate hanno poi segnalato ai ricercatori altre famiglie secondo una tecnica detta “a palla di neve”. È arcinoto che questa modalità porta a distorsioni nella selezione. Se una famiglia omosessuale ha in casa dei minori con problemi, tenderà a non partecipare allo studio, se si dovrà segnalare una famiglia da intervistare, si tenderà a presentare i casi migliori. Avete mai letto di una coppia gay che racconta di problemi con i figli adottati o avuti con l’eterologa? Sono sempre ritratti felici e sorridenti con un bimbo in braccio, piangono solo di contentezza quando il figlio viene strappato alla madre in attesa dell’allattamento toracico post-depilatorio con la ghiandola paparia. Oltre il bias di arruolamento, nello studio citato da Saviano anche la lettura dei risultati deve essere corretta. Come gruppi controllo sono stati usati l’health of young victorians survey (HOYVS) e il victorian child health and wellbeing survey (VCHWS); a differenza delle famiglie con genitori omosessuali, i due gruppi di confronto erano stati ottenuti mediante processo di randomizzazione. Detto in maniera più semplice, il confronto è stato fatto fra le mele e le pere, o, come dicono dove Saviano insegna, comparing apples and oranges.
Non è tutto. I dati riportati nello studio non contengono i questionari ottenuti dalle interviste ai minori, ma quelle compilate dai genitori. I risultati non esprimono quindi lo stato di benessere psico-fisico manifestato dai figli, ma la percezione che i genitori hanno di esso. Altre apples and oranges. Sicuramente, come da protocollo, in futuro i ricercatori pubblicheranno i dati delle rilevazioni dirette su bambini e ragazzi, ma al momento questi sono i fatti che possiamo commentare. Definire quindi questo studio come “il più importante realizzato sino ad ora” è affermazione che fa cadere come minimo le braccia.
Se non ne ha mai sentito parlare posso suggerire a Saviano qualche lettura sull’argomento ed è ben strano che gli autori australiani nel loro eccitato racconto delle meravigliose scoperte non le abbiano neppure citate nella bibliografia. Un vasto studio condotto mediante randomizzazione del campione è quello pubblicato nel 2012 da Mark Regnerus, professore alla Texas University, sulla rivista Social Science Research. Ha il difettuccio di riportare risultati esattamente opposti: rispetto ai coetanei cresciuti dai genitori biologici sposati, i figli nelle coppie con esperienza omosessuale hanno maggiore necessità di sussidi, raggiungono un livello di scolarità inferiore, riferiscono minore sicurezza e maggiore negatività nella famiglia; hanno un’incidenza maggiore di depressione e con più probabilità subiscono l’arresto; se femmine hanno un numero doppio di partner sessuali maschili e cinque volte femminili. Benché la comunità gay abbia fatto fuoco e fiamme per contestarlo il prof. Regnerus ha risposto alle critiche con un secondo articolo dimostrando dati alla mano che la dissoluzione della coppia omosessuale è un evento sociologicamente così frequente da rendere raro per i figli cresciuti in queste famiglie la presenza stabile del medesimo partner del genitore. I numeri parlano da soli. Tra 15.000 adulti di età compresa tra i 18 e i 39 anni intervistati, lo studio ha identificato 175 soggetti con una madre che ha convissuto con una donna e 73 con un padre che ha convissuto con un uomo. I giovani che hanno riportato di avere vissuto in tale situazione per l’intera vita fino ai 18 anni sono stati soltanto due nel primo caso e zero nel secondo. Questo vuol dire che un neonato affidato ad una coppia omosessuale ha meno dell’1% di probabilità di crescere fino ai 18 anni insieme allo stesso partner del genitore. Segnalo anche lo studio di Douglas Allen, docente alla Simon Fraser University, dove il campione analizzato, anch’esso del tutto randomizzato, era costituito da ben il 20% della popolazione di tutto il Canada di età compresa tra i 17 e i 22 anni (oltre mezzo milione di soggetti). Lì l’end-point era rappresentato da un dato oggettivo: l’istruzione. Il risultato è stato che i figli di genitori eterosessuali sposati raggiungono una scolarità più alta dei figli di genitori omosessuali sposati o conviventi nonostante questi abbiano un alto livello d’istruzione.
Il professor Saviano ha scritto che «considerare solo la famiglia “tradizionale” come “naturale” è una barbarie» dando così indirettamente in maniera non del tutto elegante del barbaro non soltanto al sottoscritto e a qualche milione d’italiani, ma anche a un certo Josè Bergoglio, la gente lo chiama Papa Francesco, che pur senza essere professore ha detto che “con i bambini e i giovani non si può sperimentare”. (Il Foglio, 5/9/2014)
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