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L’8 ottobre i fratelli di Taizé saranno a Porto Rico per una serata di preghiera nella cattedrale di Caguas, seconda città del territorio. Nonostante il suo appellativo di “isola dell’incanto”, Porto Rico — si legge in un comunicato — è segnato da non pochi episodi di violenza e da un malessere interno, mai sopito, per definire la propria identità. Già possedimento spagnolo, l’isola è stata ceduta agli Stati Uniti nel 1898, divenendo, nel 1952, Stato libero associato. Le lingue ufficiali sono lo spagnolo e l’inglese, la religione è per il 65 per cento degli abitanti quella cattolica, per il 28 quella protestante. Una “dualità” evidente: «Una delle domande che si pongono molti giovani portoricani è: “Siamo latino-americani o statunitensi?”. Per coloro che vivranno il pellegrinaggio di fiducia — scrivono i fratelli di Taizé — si tratta di trovare la loro identità profonda in Cristo, per costruire un futuro di pace per tutti».
Il pellegrinaggio continuerà ad Haiti nei giorni 10, 11 e 12 ottobre con tre incontri di preghiera rispettivamente a Miragoâne, Hinche e Port-au-Prince. Haiti è un Paese assai presente nel cuore dei fratelli della comunità: fratel Roger lo visitò nel 1983, restando profondamente impressionato dalla popolazione, dalla sua capacità di sperare, di fidarsi, nonostante le molteplici difficoltà sociali e politiche. Fratel Alois, presente anch’egli nel 1983, vi è tornato nel 2010, dopo il devastante terremoto che ha messo a dura prova questa nazione.
La terza tappa sarà, per la prima volta nella storia della comunità, Cuba. Un incontro di preghiera avrà luogo il 14 ottobre a L’Avana, nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù e Sant’Ignazio di Loyola, situata in un quartiere povero della capitale chiamato Los Sitios. Da circa un anno un gruppo di giovani cubani prega in questa chiesa una volta al mese utilizzando i canti di Taizé. Il 15 ottobre ci si sposterà a Matanzas, città di ponti e di chiese protestanti, per una serata di preghiera che «vuole essere un mezzo per attraversare i ponti che spesso separano i cristiani in modo che la Chiesa possa essere un luogo di accoglienza per tutti».
Il pellegrinaggio di fiducia si concluderà con un raduno di giovani dal 17 al 19 ottobre a Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana, nazione che, com’è noto, condivide la stessa isola (Hispaniola) con Haiti. «I due popoli — si legge nella nota — sono contraddistinti da una storia comune di violenza e di conflitti armati. Le divisioni e le ferite tra loro sono profondi. I giovani che si preparano a questa tappa sperano che tanti dominicani e haitiani possano parteciparvi. Sarebbe un segno che un avvenire di pace e di riconciliazione è possibile, quando in grande semplicità ci riuniamo per pregare e per accoglierci gli uni gli altri».
L’incontro di Riga (con la svedese Umeå capitale europea della cultura 2014), dal 26 al 28 settembre, vedrà invece la partecipazione di giovani e adulti di età compresa fra i 16 e i 35 anni provenienti da Lettonia, Lituania, Estonia, Svezia, Norvegia, Finlandia, Bielorussia, Ucraina, Russia, Polonia e altre nazioni. Come tradizione, gran parte dei partecipanti verranno ospitati dalle famiglie della città e nelle parrocchie. Il punto di accoglienza sarà la chiesa vecchia di Santa Gertrude mentre i principali avvenimenti, comprese le preghiere della sera, si svolgeranno nella chiesa di San Pietro. Entrambi i luoghi di culto appartengono alla comunità luterana evangelica.
«Nella vita dei giovani — osserva l’arcivescovo di Riga, Zbigņev Stankevičs — è importante sviluppare la coscienza di partecipazione e di appartenenza, diminuita in un ambiente virtuale e individualista, ma migliorata grazie alle lingue, alla storia, alla cultura, alle tradizioni, anche alla religione. Partecipazione significa stare insieme agli altri e allo stesso tempo essere consapevoli della propria identità. L’incontro di Taizé offre ai cristiani la possibilità di capire che sono una parte del patrimonio lasciato da Gesù e di testimoniare Lui davanti a tanta gente. Si tratta di un’opportunità unica per incontrare giovani provenienti da altri Paesi, per condividere la propria esperienza di vita e ampliare la personale visione del mondo».
L'Osservatore Romano
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