Il 27 gennaio si celebra la giornata della memoria 2016, a settantuno anni di distanza dall'abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz e la seguente liberazione del più grande campo di sterminio voluto dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. L'Italia ha instituito nel 2000 il giorno della memoria, per far si che si possa ricordare per sempre quanto accaduto, evitando così che possa ripetersi una catastrofe simile.
Perchè si celebra il 27 gennaio la Giornata della Memoria 2016?
La data del 27 gennaio non è certo casuale, e il Giorno della Memoria si celebra da 16 anni in Italia il 27 gennaio, perchè nel 1945 proprio in quel giorno le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Da quel giorno per la prima volta, varcata la scritta d'ingresso "Arbeit macht frei" (il lavoro rende liberi) si venne a conoscenza di quanto era accaduto e del dramma di quello sterminio.
Che cos'è Auschwitz e cosa rappresenta ad oggi?
Auschwitz è il nome tedesco di una piccola cittadina a sud della Polonia ( Oswiecin) dove a partire dalla metà del 1940 iniziò a funzionare il più grande campo di sterminio nazista. Qui vi erano campi di lavoro, le camere a Gas e i forni crematori dove venne compiuto un massacro che resterà per sempre nella storia. Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei.
Cosa Significa Shoah
Si sente spesso parlare della Shoah, riferendosi a questi fatti, ma cosa significa questa parola? Approfittando della Giornata della Memoria 2016 è giusto informare e far conoscere anche ai più giovani questi fatti. ll termine Shoah è la parola con cui in ebraico si indica una catastrofe. Il significato letterale è catastrofe, ma ad oggi ha sostituito la parola Olocausto, che un tempo veniva utilizzata per definire lo sterminio compiuto dai nazisti (ma Olocausto è un termine che richiama al sacrificio biblico e rischierebbe di dare un senso ad una strage che senso non ne avrà mai). Il giorno della Memoria non deve esser solo un omaggio a quelle vittime, ma soprattutto una presa di coscienza collettiva per ricordare un fatto che non dovrà mai più accadere.
L’inferno
Nel suo libro su Auschwitz, “Se questo è un uomo”, Primo Levi riporta il seguente avvenimento. Aveva molta sete, una candela di ghiaccio pendeva fuori dalla finestra, tese la mano e ruppe il ghiacciolo. Dall'esterno una guardia tedesca gli strappò il ghiacciolo dalle mani. Levi domandò alla guardia «Warum?» (Perché?) Non è neanche un bicchiere d'acqua, non è che un ghiacciolo. La guardia rispose «Hier ist kein warum» (Qui non c'è alcun perché). L’inferno è il luogo dove non ci sono «warum».
Edward Bond e il bambino drammatico
Il genio - Leonard Cohen
Il genio - Leonard Cohen
Per te
sarò un ebreo del ghetto
e ballerò
e indosserò calze bianche
sulle mie gambe storte
e fiumi di veleno
attraverseranno la città.
Per te
sarò un giudeo apostata
e dirò al prete spagnolo
del voto di sangue
nel Talmud
e dove sono nascoste
le ossa dei bambini.
Per te
sarò un ebreo bancario
e porterò alla rovina
un vecchio orgoglioso re cacciatore
e terminerò la sua stirpe.
Per te
sarò un ebreo di Broadway
e piangerò nei teatri
per mia madre
e venderò oggetti da mercato
sottobanco.
Per te
sarò un medico ebreo
e cercherò prepuzi
nei bidoni della spazzatura
per ricucirli di nuovo.
Per te
sarò un ebreo di Dachau
e giacerò sul cemento
con gambe storte
gonfio di dolore
e nessuno capirà.
- Leonard Cohen -
e ballerò
e indosserò calze bianche
sulle mie gambe storte
e fiumi di veleno
attraverseranno la città.
Per te
sarò un giudeo apostata
e dirò al prete spagnolo
del voto di sangue
nel Talmud
e dove sono nascoste
le ossa dei bambini.
Per te
sarò un ebreo bancario
e porterò alla rovina
un vecchio orgoglioso re cacciatore
e terminerò la sua stirpe.
Per te
sarò un ebreo di Broadway
e piangerò nei teatri
per mia madre
e venderò oggetti da mercato
sottobanco.
Per te
sarò un medico ebreo
e cercherò prepuzi
nei bidoni della spazzatura
per ricucirli di nuovo.
Per te
sarò un ebreo di Dachau
e giacerò sul cemento
con gambe storte
gonfio di dolore
e nessuno capirà.
- Leonard Cohen -
...
9 ottobre 1974: muore l'imprenditore tedesco Oskar Schindler.
Salvò 1100 ebrei dalla Shoah.
to never forget!
nicht zu vergessen ... ever!
ne pas oublier ... jamais!
чтобы не забыть ... никогда!
per non dimenticare.... mai!
altro <<< leggoerifletto.blogspot.com
Enzo Bianchi Il senso della memoria
«Ricordati di non scordare», cantava Battisti a
inizi anni settanta. E la pubblicità del film «Memento» gli faceva eco trent'
anni dopo: «Ricordati di non dimenticare!». Frasi paradossali, ma che ben
rendono l' idea del significato e dell' importanza della «Giornata della
memoria».
L' uno dopo l' altro scompaiono i
testimoni-vittime della tragedia della shoah: figli, parenti, amici raccolgono
le ultime briciole di racconto di un vissuto impossibile da narrare e da essere
accolto come credibile; libri, monumenti, pellicole cercano di fissare una
verità che vorremmo tutti rimuovere. E intanto, a furia di rimuovere e di
schedare, perdiamo la nostra facoltà di memoria: «Archiviare significa
dimenticare», ammonisce Enzensberger. Allora il senso e la portata della
giornata della memoria vanno rinnovati ogni anno, non solo e non tanto per
trasmettere il testimone alle nuove generazioni, ma prima ancora come terapia
per una società malata di amnesia, una società afflitta da Alzheimer collettivo,
in preda all' incapacità di conservare memoria di ciò che è stato e, quindi, di
discernere ciò che accade e di intuire ciò che avverrà. A livello culturale le
nostre difese immunologiche non sanno più come far tesoro, né individualmente né
collettivamente, di quelle che chiamavamo le «lezioni della storia»: il
linguaggio stesso è superato. Così, per esempio, un Paese che per oltre un
secolo ha visto decine di milioni di suoi cittadini emigrare nei cinque
continenti alla ricerca di un lavoro e di una vita degna di questo nome, nello
spazio di un paio di generazioni si ritrova a percepire l' immigrazione come un
morbo da combattere e i migranti come minacce capaci di destare le più
irrazionali paure. Il teologo tedesco Johannes Baptist Metz, tra i primi e i più
acuti nel ripensare la teologia cristiana «dopo Auschwitz», constatava con
tristezza l' affermarsi di un uomo «completamente insensibile al tempo, un uomo
come macchina dolcemente funzionante, come intelligenza computerizzata che non
ha bisogno di ricordare perché non è minacciata da alcuna dimenticanza, come
intelligenza digitale senza storia e senza passione». Non basta infatti che un
fatto sia accaduto perché diventi patrimonio acquisito, individuale e
collettivo: è la memoria che compie questa metamorfosi, che coglie, rilegge e
interpreta il passato affinché non piombi nel baratro dell' oblio e l' onda del
non senso ci sommerga. Non so quanto siamo consapevoli che si registra un
raffreddamento di convinzioni verso ogni forma di «commemorazione»: chi ricorda
appare a molti una persona paralizzata sul suo passato che non ha saputo
rottamare. Così anche questa giornata odierna rischia di essere ascritta tra le
cose che si devono fare ma senza abitarle, senza cioè che ci interpellino in
profondità, senza che suscitino in ciascuno di noi responsabilità. Per la mia
generazione, andare a visitare i campi di sterminio in gennaio - come feci
recandomi con la scuola a Dachau a diciassette anni - era una scoperta che
scuoteva fino alle fondamenta la nostra umanità. Oggi rischia di essere un'
esperienza tra tante, abituati come siamo alla «conoscenza» delle notizie e
degli orrori perpetrati nel mondo intero. In verità, se non ci si ricorda ciò
che avvenne nell' epifania del male che colpì gli ebrei, non si è più capaci
nemmeno di provare orrore per ciò che può di nuovo accadere. Ma bisogna anche
vigilare per non trasformare il «dovere» della memoria in un' ossessione
paralizzante: ricordare le offese e i torti subiti - come persona, come gruppo
sociale, etnico o religioso, oppure come membro dell' unica umanità condivisa -
non deve servire a riattizzarli, ad alimentare sentimenti di vendetta uguale e
contraria, a ridare loro vitalità. Al contrario, la memoria del male serve a
farcelo assumere come atto nelle possibilità di ogni essere umano - e quindi
anche di me stesso - e a considerarlo vincibile solo attraverso un preciso,
ostinato, intelligente lavoro quotidiano fatto di pensieri e azioni radicalmente
«altri». È questo innanzitutto il compito dell' indispensabile «purificazione
della memoria»: non un cinico cancellare i misfatti, non una oltraggiosa
equiparazione di vittime e carnefici, ma la faticosa accettazione che l'
interrogativo postoci emblematicamente da Primo Levi - «se questo è un uomo» -
contiene in sé l' ancor più tragica costatazione che «questo è stato fatto da un
uomo». A quelli che continuano a ripetere «Dov' era Dio?» - e oggi lo fanno
senza aver patito nulla, per semplice vezzo letterario - io chiedo di porsi una
domanda ancor più seria: «Dov' era l' uomo?». Sì, dov' era l' umanità? Perché ha
taciuto quando sapeva? Perché è stata testimone e per anni ha attenuato o
cercato di nascondere quanto accaduto? La memoria è essenziale all'
umanizzazione: dove regna la dimenticanza, regna la barbarie. La memoria diventa
allora il luogo dell' indispensabile discernimento, l' esercizio in cui il
passato, anche se amaro, diventa nutrimento per il futuro. Discernimento ancor
più cogente in un tempo come il nostro in cui si assiste all' incepparsi stesso
della trasmissione - non solo di valori, ma degli eventi che tali valori hanno
suscitato - all' enfasi posta sull' oggi o su un futuro concepito dagli uni come
irraggiungibile miraggio e dagli altri come l' ossessivo aggrapparsi all' attimo
presente. Ci si scorda delle radici, si rimuove il travaglio del passato, si
rottama l' oscuro lavorio di generazioni o il tragico annientamento di popoli e
così ci si priva del fondamentale strumento per discernere ciò che dell' oggi
merita di avere un futuro. La memoria infatti non è la meccanica riesumazione di
un evento passato che in esso ci rinchiude: al contrario, quando facciamo
memoria noi richiamiamo l' evento accaduto ieri, lo invochiamo nel suo permanere
oggi, lo sentiamo portatore di senso per il domani. In questa accezione la
memoria apre al futuro e nel contempo attesta una fedeltà a eventi e verità, a
un intrecciarsi di vicende che assume lo spessore di «storia». Se fare memoria è
questo operare un discernimento sul già avvenuto per alimentare l' attesa del
non ancora realizzato, possiamo a ragione far nostre le parole intelligenti e
sorprendenti del filosofo ebreo francese Marc-Alain Ouaknin, che così parafrasa
il quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre, cioè: Ricordati del tuo
futuro!».
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