martedì 29 dicembre 2015

Cresce il numero di morti in Italia

Quelle inspiegabili morti, quasi un’eutanasia nascosta

Quasi 68.000 morti in più nel 2015 in Italia
www.lanuovabq.it
di Massimo Introvigne

In questi ultimi giorni del 2015, intervenendo sui maggiori quotidiani nazionali, diversi sociologi si sono interrogati sulle cause di un fenomeno inquietante, invisibile a occhio nudo, ma che appare fra i più preoccupanti dell’anno trascorso. Come illustrato per primo dal demografo Gian Carlo Blangiardo, prima con un’anticipazione su Avvenire e poi con uno studio sulla newsletter specializzata Neodemos(clicca qui), in Italia nei primi otto mesi del 2015 ci sono stati 45.000 morti in più rispetto ai primi otto mesi del 2014. La proiezione sull’intero anno 2015 parla di 68.000 morti in più, un aumento dell’11,3% rispetto all’anno passato.
Non sono affatto dati normali. Come ha scritto Blangiardo, «per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo». Ma nel 2015 non c’è stata nessuna guerra. Alcuni miei colleghi hanno spiegato il dato con l’invecchiamento della popolazione. Ci sono più vecchi, e i vecchi ovviamente muoiono di più. Ma questi colleghi non hanno letto attentamente lo studio di Blangiardo, dove si mostra che l’invecchiamento della popolazione è certamente una concausa del fenomeno, ma è all’opera da molti anni e non spiega il drammatico incremento di morti dal 2014 al 2015.
Dopo l’articolo di Blangiardo, nel dibattito sono intervenuti alcuni esperti di statistica medica, chehanno citato un problema non menzionato dal demografo: l’allarme, poi rivelatosi ingiustificato, nei confronti dei vaccini anti-influenzali, che ha indotto molti a non vaccinarsi, causando un aumento dei morti, specie anziani, a causa dell’influenza valutato in circa ottomila unità. Si tratta certo di un dato interessante, ma sottraendo questi ottomila morti ai 68.000 del dato totale 2015, ne rimangono sempre sessantamila.
Che cosa sta succedendo allora? Non è in corso la Prima Guerra Mondiale e neppure la Seconda, madella «Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi» di cui parla Papa Francesco fa parte integrante la guerra contro i vecchi. Proprio Papa Francesco ci ha offerto la chiave per capire questo fenomeno, che non è solo italiano. Il 25 luglio 2013, incontrando i giovani argentini durante la GMG di Rio, in Brasile, il Papa ha detto: «Uno potrebbe pensare che ci sia una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prende cura degli anziani» e li si lascia morire. Il 22 settembre 2013, nell’incontro con il mondo del lavoro a Cagliari, ha ripetuto che, in Italia e altrove, oggi «cadono gli anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni parlano di questa abitudine di “eutanasia nascosta”, di non curarli, di non averli in conto… “Sì, lasciamo perdere…”».
Il 28 febbraio 2014 il Pontefice ha detto ai membri della Pontificia Commissione per l’America Latina che «si scartano gli anziani, si tende a scartarli, e […] c’è l’eutanasia nascosta, c’è l’eutanasia nascosta! Perché le opere sociali pagano fino a un certo punto, non di più, e i poveri vecchietti, si arrangino. Ricordo di aver visitato una casa di riposo di anziani in Buenos Aires, dello Stato, dove i letti era tutti occupati, e siccome non c’erano letti mettevano dei materassi per terra, e lì stavano i vecchietti. Un Paese non può comprare un letto? Questo indica un’altra cosa, no? Sono materiali di scarto. Lenzuola sporche, con ogni tipo di sporcizia; senza tovagliolo e i poveretti mangiavano lì, si pulivano la bocca con le lenzuola… Questo l’ho visto io, non me lo ha raccontato nessuno. Sono materiali di scarto». Il 31 marzo 2014, nel dialogo con alcuni giovani del Belgio, Francesco ha ripetuto che oggi «sono cacciati via gli anziani: tanti anziani muoiono per una eutanasia nascosta, perché non si ha cura di loro e muoiono». E il 26 maggio 2014, nella conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Terra Santa, ha ribadito che «gli anziani si scartano, anche con situazioni di eutanasia nascosta, in tanti Paesi. Cioè, le medicine si danno fino a un certo punto, e così...».
Il 15 giugno 2014, alla Comunità di Sant’Egidio, parlando proprio di statistiche e demografia, il Papa ha detto che «si scartano gli anziani, con atteggiamenti dietro ai quali c’è un’eutanasia nascosta, una forma di eutanasia. Non servono, e quello che non serve si scarta. Quello che non produce si scarta». Lo ha ripetuto il 4 settembre 2014, ai direttori di Scholas Occurrentes: «Si è imposto questo sistema di eutanasia nascosta. Ossia, le opere sociali ti coprono fin qui, poi muori pure». Il 28 settembre 2014 parlando ai diretti interessati, agli anziani, Francesco ha denunciato in Piazza San Pietro la «velenosa cultura dello scarto», con la triste «realtà dell’abbandono degli anziani: quante volte si scartano gli anziani con atteggiamenti di abbandono che sono una vera e propria eutanasia nascosta! È l’effetto di quella cultura dello scarto che fa molto male al nostro mondo». Il 15 novembre 2014 all’Associazione Medici Cattolici Italiani il Papa ha detto che anche in Italia «tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa questa eutanasia nascosta».
Come si vede, quello dell’«eutanasia nascosta» è un tema centrale del Magistero di Papa Francesco. Come ha detto ai medici cattolici italiani, poi «anche c’è l’altra», l’eutanasia palese presentata come un «atto di dignità» e introdotta nelle leggi. «E questo – ha commentato il Pontefice – è dire a Dio: “No, la fine della vita la faccio io, come io voglio”. Peccato contro Dio Creatore. Pensate bene a questo». Ci pensiamo bene, perché sappiamo che anche in Italia c’è chi sta organizzando questo «peccato contro Dio Creatore» costituito dalle leggi sull’eutanasia. Sappiamo anche che, in Paesi come il Belgio, le leggi sull’eutanasia hanno fatto aumentare subito il numero dei morti. Ma in Italia queste leggi, per grazia di Dio, non ci sono ancora.
Non c’è l’eutanasia palese, ma c’è l’eutanasia nascosta. Nascosta dove? La risposta non è difficile.Nelle pieghe dei tagli alla società e all’assistenza, che il governo Renzi ha imposto «perché li vuole l’Europa» e per poter presentare a Bruxelles conti lievemente migliori di quelli dell’anno precedente: migliorati sì, ma sulla pelle degli anziani e dei malati. Ovviamente, non è solo colpa del governo Renzi. Il degrado della nostra sanità pubblica dura da decenni. Ma, con i tagli, è ulteriormente peggiorato nel 2015. Per saperlo non abbiamo bisogno delle inchieste dei giornali. Alcune aziende sanitarie pubblicano dati ufficiali. Supponiamo, per esempio, che un medico sospetti un tumore al cervello e per accertarlo disponga una tomografia computerizzata del capo. Apprendiamo dal sito della Regione Lazio che chi avesse prenotato la tomografia nel novembre 2015 avrebbe dovuto attendere 315 giorni a Latina e 329 nel distretto II di Viterbo. In molti casi, se davvero avesse sofferto di cancro al cervello, sarebbe stato convocato per la tomografia dopo essere già morto.
Ma, come ricorda Papa Francesco, il problema è anzitutto culturale. Di fronte ai tagli, si tende senzamai dirlo a concentrare quei pochi fondi che restano alla sanità e all’assistenza pubblica sui giovani, «scartando» gli anziani non più produttivi e i malati terminali. Il giovanilismo sfrenato della retorica di Renzi aggrava certamente questa situazione. Il nostro è un Paese “di” anziani: ha il più basso tasso di natalità del mondo, se si escludono gli immigrati, e i vecchi costituiscono una percentuale sempre maggiore della popolazione. Ma non è un Paese «per» gli anziani, come dovrebbe essere: sta anzi diventando un Paese «contro» gli anziani. L’Italia è la capitale mondiale dell’eutanasia nascosta. In attesa dell’eutanasia palese, il «peccato contro Dio creatore» è già all’opera tutti i giorni: nei nostri ospedali, nelle case di riposo, nelle città.


68 mila morti in più nel 2015?*

Cresce il numero di morti in Italia
Dai bilanci demografici mensili forniti dall’Istat si rileva come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 – ultimo aggiornamento a tutt’oggi disponibile – sia aumentato di 45mila unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014 (Fig. 1). La cosa non è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde ad un aumento dell’11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno. Schermata 2015-12-22 a 09.42.59Si tratta di un incremento di ben 68mila unità che appare in gran parte concentrato nella componente femminile (+41mila) e che verosimilmente coinvolge soprattutto la fascia più anziana della popolazione residente nel nostro Paese. Il dato è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo. Viceversa, in un’epoca come quella attuale, in condizioni di pace e con uno stato di benessere che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato, come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni? E’ solo la naturale conseguenza del progressivo marcato invecchiamento dellapopolazione italiana o è (anche) un segnale di allarme? Il sistema socio-sanitario, che finora ha permesso un continuo allungamento della vita anche alle età anziane, inizia forse a subire gli effetti di una congiuntura economica meno favorevole? In altre parole ci chiediamo se i tagli alla sanità pubblica, dovuti alla crisi, abbiano accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità nei gruppi tipicamente più fragili: i vecchi e i “grandi vecchi”.Non basta evocare l’invecchiamento demograficoNon potendo ancora disporre dei dati puntuali sull’incidenza dei decessi per singola età e per genere nel corso del 2015 – dati che ci consentirebbero di valutare gli eventuali cambiamenti del rischio di morte – possiamo sin da ora cercare almeno di capire se, e soprattutto in quale misura, l’impennata di mortalità del 2015 sia ascrivibile al semplice processo di invecchiamento della popolazione italiana o se invece abbia altre cause. Osservando come è cambiata la composizione per età dei residenti tra il 1° gennaio del 2014 e alla stessa data del 2015 scopriamo subito che, a fronte di 159mila unità in meno nella fascia d’età fino a 60anni, se ne contano in più 70mila in età tra 61 e 70 anni, 40mila tra 71 e 85 anni e 62 mila con oltre 85 anni. Lo spostamento verso le età più “mature” è ben evidente, ma è sufficiente a spiegare un aumento della mortalità nell’ordine dei 68mila casi annui di cui si è detto? La risposta è no. Le modifiche nella struttura della popolazionespiegano solo in minima parte la maggior frequenza di decessi. Infatti, se i rischi di mortefossero restati invariati rispetto a quelli osservati di recente (Istat 2014), l’aumento del numero di persone anziane avrebbe dato luogo solo a 16mila decessi in più rispetto al 2014. E le altre 52mila unità aggiuntive a cosa sono dovute?Aspettando nuovi elementiSchermata 2015-12-22 a 09.43.33La questione resta dunque aperta. Tra qualche mese avremo certamente dati più completi che, ci si augura, consentiranno spiegazioni esaurienti. Oggi resta comunque il dubbio, e forse anche la paura, nel constatare l’improvviso e inspiegabile cambiamento di rotta di una delle due componenti che determinano il corso della dinamica naturale della popolazione italiana in un’epoca in cui l’altra componente, le nascite, segna pesantemente il passo. La presenza di 68mila morti in più, se confermata dal resoconto di fine anno, rappresenta un segnale importante che la demografia consegna alla riflessione sia del mondo scientifico sia di quello della politica, della pubblica amministrazione e del welfare. E’ un evento “straordinario” che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato (Fig. 2): un “déjà vu” che non vorremmo certo rivivere. Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo – in un momento di recessione economica – può avere effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne consapevoli.(*) Testo in parte ripreso dall’articolo dello stesso autore : “Attenti ai morti”, Avvenire, pag.1, del 11 Dicembre 2015

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