In Paradiso ci si annoia?
Contraddizioni tipiche dei buonisti di professione
Mi è stato chiesto come sia possibile essere felici in paradiso visto che nell’eternità si finisce con l’annoiarsi. E poi, supposto un uomo vada in paradiso e suo figlio all’inferno, come può sopportare un padre questa separazione? Per quanto riguarda il primo punto ho risposto osservando che l’eternità non è il tempo, cioè non è una successione di momenti. Se l’eternità coincidesse con una durata infinita del tempo allora forse ci annoieremmo. Ma certo, se così fosse, Dio avrebbe provveduto a non farci annoiare. A parte quest’ultima battuta, la questione è fondamentale. In questa vita mortale, il tempo in un certo qual modo ci desta costantemente alla verità dalla nostra natura finita. Tutto nel tempo muta, gli stessi sentimenti, così indispensabili alla nostra vita, non sono che il sintomo della nostra continua mutabilità, cioè della nostra ricerca di quiete, di benessere. Ogni emozione è una modificazione del nostra stato, per questo le emozioni, che si manifestano anche attraverso il corpo, accadono solo nella dimensione del tempo. Tommaso chiama malinconia quello stato dell’essere umano che è epifania di un bene desiderato, ma non posseduto.
Ma l’eternità è un’altra cosa, in essa tutta i nostri tentativi, tutta la nostra tensione al bene, si compiono. Ma questa realizzazione dell’umano, oltre l’umano, passa attraverso un giudizio. E siamo al secondo punto. Posto che la riflessione sulle pene eterne è scomparsa dalla predicazione, in quanto non conveniente oggi, rispetto all’immagine del Dio misericordioso diffusa da non pochi teologi; chiediamoci che senso può avere un qualsiasi valore morale in presenza, sempre, di un perdono generalizzato.
Senza “pena” non esiste alcuna legge che possa essere presa sul serio. La pena infatti, oltre che esprimere un “castigo”, ha un potere deterrente. I genitori questo lo sanno e i bambini troppo capricciosi pure. Ma anche ammettendo, ignorando il Vangelo, l’inferno non esista, cadremmo in una ben più grave contraddizione; dovremmo affermare che Dio salva tutte le creature, anche coloro che si dichiarano atei militanti e nemici di ogni religione. Ma questo Dio, mancherebbe sul piano della giustizia perché negherebbe il libero arbitrio. Dio più, esso ammetterebbe che l’uomo possa vivere compiendo gli atti più turpi, per poi sorprenderlo con una salvezza, non richiesta e non desiderato. Per questo l’inferno è una necessità logica, un atto di misericordia di Dio verso la creatura, supremo rispetto della sua libertà. Inoltre, se il peccato e il castigo relativo non esistono, vien meno l’intera dottrina relativa alla caduta dei nostri progenitori. Se l’inferno non esiste infatti, perché Adamo ed Eva sarebbero stati cacciati dal paradiso e inoltre, per quale motivo la passione, la morte, la resurrezione? Vedete dove portano ” le aperture al passo coi tempi”? Forse a qualcuno da fastidio l’idea di un castigo eterno, ma attenzione, dopo la morte il castigo non può che essere eterno; siamo infatti in assenza di tempo. E poi, forse è meglio un castigo eterno in assenza di tempo, che un castigo infinito dentro il tempo. Cosa ne sappiamo noi. I padre che viva in paradiso non credo avrà modo di dolersi del figlio perduto, in paradiso infatti non esistono emozioni, che come ho spiegato, si manifestano solo nel tempo. Il figlio avrà avuto ciò che ha desiderato per tutta la vita, nonostante gli innumerevoli tentativi che la grazia di Dio gli avrà offerto. La domanda cui hi risposto è la stessa, seppur su di un tema diverso rivolta a Gesù, ” una donna che abbia avuto in vita sette mariti quale ritroverà nell’aldilà?”Gesù, come sappiamo, rispose che nell’altra vita non ci si sposa.
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