martedì 14 ottobre 2014

La buona SCUOLA. FACCIAMO CRESCERE IL PAESE

La proposta di riforma della scuola. 

da riflesso integrato

La proposta include, fra le misure più importanti, un piano straordinario per assumere 150 mila precari entro settembre 2015 e chiudere le graduatorie ad esaurimento. In tal modo sarebbero garantiti alle scuole un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, e, agli studenti, la continuità didattica. 

A riforma ultimata si diventerebbe docente di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Revisione di stato giuridico e carriera dei docenti, formazione continua in servizio obbligatoria evalorizzazione del merito dovrebbero innalzare la qualità del servizio scolastico. 
Maggiori poteri decisionali al dirigente, unitamente alla definizione di reti di scuola come strumenti di governance e di gestione decentrata dei servizi, servirebbero a rendere più efficace l’autonomia scolastica.

Fanno da corollario a queste misure altre atte a delineare una scuola più innovativa e moderna:
  1. connessione veloce e senza fili per tutte le scuole,
  2. introduzione dalle elementari delle materie creative (musica, sport e storia dell’arte),
  3. rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere a partire dai 6 anni,
  4. insegnamento di nuove competenze digitali,
  5. diffusione dello studio dei principi dell’Economia in tutte le secondarie,
  6. alternanza scuola-lavoro e potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale (almeno 200 ore l’anno) negli ultimi tre anni degli istituti tecnici e professionali.
Inoltre, al fine di finanziare il piano, il Governo punta a stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), rendendone trasparente l’utilizzo, e ad attrarre risorse private (fondazioni, imprese etc.), attraverso “incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche”.
I punti critici
Diciamo da subito che il documento pare improntato, com’è nello stile di questo Governo, ad una comunicazione d’impatto, efficace sul piano del marketing e della promozione pubblicitaria, ma carente su quello dell’analisi e dell’argomentazione. 

In tal caso, potrebbe rivelarsi l’ennesimo bluff nella storia delle riforme incompiute o fallite della scuola italiana.

In particolare si evidenzia che i 100mila precari da assumere sono un atto dovuto, perché la Commissione Europea ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per l’illegittima reiterazione dei contratti a termine dei lavoratori della scuola (supplenti plurilaureati e pluriabilitati ogni anno sono assunti a settembre per essere licenziati a giugno!). 

Il problema è semmai quello delle coperture finanziarie, perché è chiaro che senza lo stanziamento delle risorse necessarie, nessuna concreta miglioria potrà essere apportata al nostro sistema scolastico. 

In effetti, le carenze attuali della scuola sono dovute in gran parte proprio all'insufficienza dei finanziamenti.

Il Governo intende ricorrere ai privati

Allora bisogna considerare che la partecipazione di fondazioni, imprese, associazioni, ecc., al finanziamento della scuola pubblica la espone a pressioni ed interessi privati e privatistici, con la conseguenza di allineare l'insegnamento ad una logica di mercato che inevitabilmente svaluta diritti e competenze critiche. 

E non è certamente casuale che per i docenti che confluirebbero nell’organico funzionale (gli ex precari) si prefigurino la mobilità coatta, anche su altre regioni, e l'utilizzo su un numero indefinito di scuole entro la rete assegnata.

Ma l’intervento più fra le righe si nasconde dietro l’ostentato proposito di premiare il merito, in luogo delle progressioni di carriera legate all'anzianità di servizio. Gli scatti di stipendio vengono ad essere condizionati allo svolgimento di attività aggiuntive, diverse dall'insegnamento (progetti extracurriculari, funzioni obiettivo, collaborazione con la presidenza)e al giudizio formulato dal Capo di Istituto. 

Pertanto, solo gli insegnanti che maturerano crediti sufficienti in ragione del “contributo al miglioramento della scuola” avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più allo scadere del terzo anno. 

Il meccanismo è perverso, perché un terzo dei docenti è pregiudizialmente escluso dagli scatti stipendiali e perché, in tal modo, si fanno pagare parte dei costi della riforma ad un personale che è già fortemente tartassato dal mancato rinnovo del ccnl.

 Inoltre il sistema di progressione economica attuale sarà congelato fino al 30 agosto 2015, per cui non verranno attribuiti scatti (né vecchi né nuovi) fino al 1 settembre 2018. E’ la logica del"lavorare tutti per guadagnare meno": si bloccano gli stipendi di buona parte dei professori di ruolo, ma si assumono i precari. 

Ma è anche la logica iniqua del premiare alcuni, per penalizzare altri, del gratificare i docenti "meritevoli" e mortificare i docenti "immeritevoli", che verrebbero poi a coincidere con quelli che dedicano tutto il loro impegno all'insegnamento, alla pratica didattica quotidiana, alla silenziosa e faticosa trasmissione di esperienze, conoscenze e competenze ai giovani.

La soluzione, sfrondata di slogan e artifici pubblicitari, rischia di essere pasticciata, essendo frutto di una mediazione, operata in perfetto stile doroteo, fra diversi interessi e spinte in gioco. 

Ci sono, infatti, spinte verso una visione manageriale e aziendalistica. Esse sono rintracciabili nell’ampliamento dei poteri decisionali dei Dirigenti Scolastici, cui è dato di “scegliere a discrezione e senza alcuna tutela dei diritti dei lavoratori il personale della scuola e le mansioni da assegnare a ciascuno, annullando di fatto la dimensione collegiale”, nonché nel portfolio telematico, che dovrebbe servire a dare elementi alle famiglie per un giudizio sulla professionalità del singolo docente, ma che, agli effetti pratici, “alimenta una concezione commerciale e pubblicitaria dell’insegnamento.

C'è poi una vecchia logica nepotistica che si insinua, tanto nella possibilità riconosciuta al Dirigente di stabilire quali sono i docenti meritevoli e quali no, quanto nella gestione di unaformazione obbligatoria, servita spesso nel passato ad assicurare rendite per un mercato esposto a derive clientelari. In effetti, negli anni si è dato vita nella scuola italiana ad un sistema sindacalizzato e politicizzato, in cui lo spazio per la missione formativa è diventato sempre più marginale. 

Siamo distanti dalla scuola di qualità e ancor più dalla scuola che forma
E questo conferma un trend negativo che dura ormai da anni.

Il fatto è che nella scuola di stato l'insegnante è divenuto sempre più un burocrate senza passione e senza cuore
La sua professionalità è stata svilita. 
La sua preparazione non è stata motivata. 
La si è considerata parte di un lavoro ordinario e, in fin dei conti, non significativo. 

Si sono finanziati invece a pioggia quei progetti che, secondo un mito oleografico, avrebbero aperto la scuola al sociale. 

Metodi e pratiche non condivisi, nonché privi di qualsiasi riscontro empirico di efficacia, sono stati imposti dall’alto, cosicché lo spazio di libertà nell'insegnamento si è sempre più ristretto.

A fronte di insegnanti sempre meno motivati e frustrati, sono cresciuti alunni indolenti, privi di ogni sana curiosità. 

Si è abbassato il livello, non tanto e solo sul piano dei contenuti, quanto sul piano educativo, perché la scuola ha smesso di formare la persona, semplicemente abdicando al suo ruolo di fare scuola. 

Si è determinato, quindi, una sorta di corto circuito educativo: gli educatori si sono fatti complici degli educandi e si è sempre più lasciato correre, permesso, garantito. 

Anche l’ignoranza e l’insipienza sono state garantite. 

Si è quasi smesso di trasmettere, al di là delle nozioni, il senso di un impegno consapevole, responsabile e non banale. 
Sono morti il rispetto ed il merito e la responsabilità non è stata più invocata. 
Scene di ordinaria indisciplina sono diventate consuete e la contestazione è rifluita verso la maleducazione, se non addirittura il bullismo

In tal modo, la scuola è divenuta il palcoscenico di una società sbracata e moralmente sradicata.

LeggiAmo..

il significato di "Jobs Act".

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L’unione di questi due vocaboli inglesi, tradotti nel più semplice significato italiota, stanno per “Piano per il lavoro”.

Questo termine è attualmente lo slogan dai contorni indeterminati, dalla forte carica emotivo-impressiva, pronto per la solita farsa che caratterizza il lessico politico supermediatico, quotidianamente diretto a riempire o a svuotare a seconda dei casi i cervelli dei cittadini sempre potenzialmente elettori.
E' ormai risaputo che l’approvazione del Decreto Legislativo è vincolato dallo scoglio dell’ormai famoso quanto inflazionato art.18.
Ma non solo.
Dopo la riforma Monti, se si escludono i licenziamenti per motivi discriminatori (incostituzionali), per quelli disciplinari ed economici se "manifestamente infondati" il giudice può chiedere all'azienda di reintegrare il lavoratore.
La proposta di Renzi è di eliminare l'obbligo di reintegro in tutti i casi di licenziamento economico.
In pratica, tutte le aziende (ma non solo!!) in difficoltà potrebbero "pagare" per mandar via il lavoratore senza rischiare il reintegro.
Ricordiamo, a dover di cronaca, che fu lo stesso Governo Monti ad introdurre in Costituzione il "pareggio di bilancio" per lo Stato Italiano.
Altro punto scottante è il superamento del divieto delle tecniche di controllo a distanza e la possibilità di demansionamento dei lavoratori da parte delle imprese, cioè l'assegnazione a compiti di livello più basso rispetto a quelli svolti in precedenza.Questi sono i “punti di forza” del Governo contenuti nel “Piano per il lavoro” a cui i dipendenti sono chiamati a subirne le conseguenti penalizzazioni.Una volta tanto però vediamo cosa succede nel resto dell’Europa, visto che i nostri Governanti fanno sempre riferimento a paesi più evoluti socialmente ed economicamente.Il rapporto del Cnel sul mercato del lavoro 2013-2014 fa sapere che in Italia è già più facile licenziare rispetto alla Germania, mentre in Francia Olanda e Spagna il grado di protezione del lavoro è superiore al nostro.Considerando congiuntamente il grado di protezione fornito nel caso dei licenziamenti individuali e collettivi, attualmente l'Italia risulta essere addirittura più flessibile della Germania, al cui modello la riforma Fornero si era all'epoca ispirata.

Concludendo: il Governo (leggasi il dittatore Renzi) è deciso ad accontentare a tutti i costi la classe dominante del capitalismo imprenditoriale italiano e, al contempo, a smantellare quel poco di tutele rimaste in barba a tutto e tutti.

Possibile che le uniche idee di risanamento economico italiano siano sempre rivolte ad assicurare un peggioramento delle condizioni sociali dei suoi cittadini?

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