Non so se (e come) i media riporteranno la notizia, ma oggi, poco dopo aver incontrato i disabili della “House of Hope” a Kkottongnae, in Corea, Papa Francesco si è fermato in preghiera presso il “Giardino dei bambini abortiti”. Non embrioni, non feti. Bam-bi-ni. Avete letto bene.
Non so – dicevo – se (e come) i media ne parleranno: di solito sono piuttosto distratti quando il Papa compie azioni così politically uncorrect, e c’è da aspettarsi che taluni preferiscano spostare le telecamere e lo sguardo da quelle croci bianche che simbolicamente ricordano quei morti così piccoli eppure così ingombranti, alle sue «vecchie scarpe e all’inseparabile borsa», magari mettendole a confronto (come hanno fatto proprio in questi giorni) con «le preziose stole e le scarpette rosse» di Benedetto.
Poteva scegliere, Papa Bergoglio, tra migliaia di tappe, in Corea. Ha scelto questa. Imbarazzante, imbarazzantissima.
Un Papa (questo Papa!) che sosta in silenzio e preghiera nel cimitero dei bambini non nati. Quello che Maria Luisa Mastrogiovanni, direttrice del giornale Il Tacco d’Italia, solo un paio di mesi fa aveva provocatoriamente definito «il recinto dei figli di puttana. Il ghetto dei figli di stronze. Oppure dei mostri, dei diversi, di quelli che erano troppo deformi per condurre una vita normale».
Un Papa (questo Papa!) che in Corea si ferma simbolicamente a pregare davanti a quelli che l’intellighentia de noantri liquida come «materiali abortivi». O «grumi di materia», come li ha chiamati Lidia Ravera in un articolo infuocato, pochi mesi fa.
Un Papa (questo Papa!) che probabilmente non ha letto Chiara Lalli, che nel capitolo ottavo del suo A. La verità, vi prego, sull’aborto, così aveva scritto, a proposito del seppellimento dei bambini non nati: «Un aborto spontaneo è diverso da uno volontario, e più si è in prossimità del parto più il senso di perdita può essere inconsolabile e l’aborto vissuto come una morte di una persona cara (anche se non ancora nata e anche se il termine persona è qui usato in senso colloquiale). E poi il dolore per la perdita di x non ci dice nulla sullo statuto ontologico di x. Si seppelliscono anche cani e gatti o altri animali amati e non è che si pretenda che questo li trasformi in persone. E per alcuni il dolore per la perdita o la distruzione di un oggetto può essere tanto intenso da essere paragonabile a un lutto – per la morte di una persona cara». E ancora: « Il funerale e il seppellimento non hanno nulla a che fare con lo statuto dell’embrione e del feto, ma con i desideri delle persone».
Ebbene sì. Incurante dell’aria che tira (anche tra i sedicenti cattolici) e del pensiero delle intellettualesse à la page, Papa Francesco ha compiuto un gesto che vale più di mille discorsi. E’ andato nel luogo che ricorda gli ultimi degli ultimi, i senza voce, i non nati. Che – se ne faccia una ragione, Chiara Lalli – per il Papa non solo hanno lo statuto di “bambini”, ma hanno «il volto di Gesù Cristo». E scusate se è poco. E perché, come aveva ricordato nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium, tra i «deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo».
Forse lo sa, Papa Francesco, che da certa stampa le sue parole vengono scelte, filtrate, triturate, censurate, reinterpretate, persino manipolate (Scalfari docet, con i suoi “virgolettati creativi”); lo sa perché sulla tutela della vita dal concepimento alla morte naturale si è espresso UN SACCO di volte (ad esempio durante il Regina Coeli del 12 maggio 2013, o il 15 maggio 2013, nell'udienza generale o il 19 agosto 2013 quando ha scritto ai partecipanti al Meeting di Rimini, o il 20 settembre 2013, parlando alla Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici, o il 24 marzo 2014, quando si è rivolto alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, o l’11 aprile 2014, incontrando ilMovimento per la Vita, o l’8 maggio 2014, quando si è rivolto ai dirigenti delle Nazioni Unite, o nella predica del 18 novembre 2013… e tante altre volte ancora), ma – correggetemi se sbaglio – la stampa-che-piace-alla-gente-che-piace su questi temi glissa sempre. Il “Papa dei media”, e cioè quello da tirare per la talare quando lo si può usare – storpiandolo – per dare eco alla mentalità dominante, viene puntualmente epurato delle parole che stonano.
Magari è anche per questo che oggi ha scelto un gesto. Eloquente che più di così non si può. Perché, a meno che uno non sia fuori di testa, non sosta in raccoglimento davanti a un «pezzo di terra smossa» (parole di Lidia Ravera), né di fronte a dei «rifiuti ospedalieri» o a dei «mucchietti di cellule» come gli ascessi, le escrescenze, i bubboni. Un Papa si ferma in silenzio in un cimitero e si mette a pregare se quelle croci ricordano la morte di un essere umano.
Guardatelo, Papa Francesco nel “Giardino dei bambini abortiti”. E se vi pare che, raccolto in preghiera, la sua faccia sia «inespressiva», probabilmente è per il dolore che prova. Per la vergogna. L’ha scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, e chissà se domani i giornali lo ricorderanno: la violazione del diritto alla vita «grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo».
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