Sì, sto parlando di pedofilia, che, specialmente in questi ultimi anni si è allargata a macchia d’occhio sfruttando l’onda lunga della diffusione di internet. Sulla stessa scia, hanno imparato a muoversi anche coloro che li contrastano. A partire da Meter, l’Associazione fondata da don Fortunato, prete siciliano che, da ormai 25 anni, lotta come un leone contro una piaga sociale ed un crimine contro l’umanità che minaccia i bambini e dilania, strisciando vilmente tra le pieghe delle nostre incertezze, la speranza in un futuro migliore di un mondo che, corrotto dal relativismo, risulta incapace di prendere - e mantenere - una posizione precisa.
Vi sono infatti, purtroppo, sempre nuove persone disposte, se non ad appoggiare, quanto meno a giustificare o comprendere la pedofilia, mitigandone l’effettiva drammaticità, annichilendone la portata distruttiva e, talvolta, accusando addirittura di chiusura mentale chi si ostina a porsi a difesa dei piccoli. Ne sa qualcosa lo stesso don Fortunato, che in tanti anni di impegno non ha mancato di ricevere ingiurie, minacce ed a tutt’oggi la sua associazione vive in bilico, sul filo del rasoio, perché i fondi scarseggiano e, senza quelli, anche per le Onlus come la sua, è difficile sbarcare il lunario.
Poco tempo fa, ha avuto modo di constatare (e far notare) come il gesto di Dani Alves sia stato imitato in modo virale, ricevendo una straordinari amplificazione non solo dai media, ma anche dalle cariche pubbliche. Tutto questo non è ovviamente qualcosa di negativo. Ma diventa un’esagerazione, in stridente contrasto con altre realtà, tra cui - ad esempio - proprio quelle in cui si imbatte don Fortunato: quanti silenzi imbarazzati ricoprono ancora adesso episodi di cronaca che riguardano i bambini, quanti bimbi scomparsi senza lasciare tracce (spesso, senza il dovuto impegno nelle ricerche da parte di chi di dovere), quante inadempienze li costringono a vivere situazioni familiari di degrado e d’incuria!
Aprendo ad una prospettiva internazionale, chiunque si rende conto che nei conflitti tra poveri, nel degrado delle baraccopoli, tra i mercati africani, così come tra gli schiavi – lavoratori del Sud del Mondo o tra le piccole donne avviate alla prostituzione in tenerà età per far fronte alla fame, il ritornello non cambia molto: chi soffre di più sono i minori, spesso abbandonati a se stessi, in balia dell'inventiva personale, costretti sin da piccoli a far valere la legge del più forte pur di sopravvivere.
Il quadro resta agghiacciante, anche solo rimanendo nel Nord del mondo, dove spesso i soldi non mancano, ma la carenza è nella ricchezza interiore, l'incapacità di vedere nel bambino un fiore delicato, da coltivare con tenerezza, senza spezzarne il fragile stelo con la violenza e la prepotenza. Gli abusi sono tanti, ma l'abuso si verifica ogni qualvolta dimentichiamo che abbiamo davanti una persona e non un oggetto, ne calpestiamo i sentimenti, ne annientiamo l'autostima, ne annichiliamo le abilità. In una parola, approfittiamo del fatto che sia un soggetto in formazione (sia dal punto di vista fisico che psicologico), per ridurla alla nostra mercé.
La prima forma di abuso è sempre una mancanza di rispetto.
Sono talmente tanti gli esempi che sarebbero innumerevoli.
Ma uno vorrei riportarlo alla memoria, la storia di Graziella Mansi. La sua storia, col suo orrore, è la trama classica della fobia collettiva. È esattamente come uno teme possa essere l’abuso sui bambini: abuso della loro fiducia, della loro semplicità, per carpirne la complicità, rubarne l’innocenza, spezzarne l’esistenza. C’è forse un sadismo incomprensibile nel comprendere la logica lucidità con cui cinque ragazzi hanno potuto ottenere questo. Con la facilità che è da mettere in conto quando si tratta di una bambina di fronte a cinque maggiorenni. Sarebbe strano pensare l’opposto.
Purtroppo però, non è un caso isolato, né l'unica modalità con cui i bambini sono abusati. Innanzitutto, è bene precisare che quando si parla di abusi, ce ne sono di vari tipi: psicologico, fisico e solo in ultimo sessuale. Non per sminuirne la gravità, ma unicamente per sottolineare che non è l'unico modo con cui è possibile fare del male ai più piccoli o segnarne in modo negativo la sorte.
Le statistiche sono addirittura ottimistiche nelle loro rivelazioni, perché il primo nemico da combattere, in questa battaglia è proprio il sommerso. Tuttavia, con straziante lucidità, esse portano alla luce che il primo luogo dell'abuso è la famiglia. Sì, proprio il luogo adibito alla cura e all'amore, diventa per qualcuno luogo dell'orrore, della paura, della violenza, dell'abuso. Luogo da cui si vorrebbe fuggire, eppure, luogo da cui è difficile farlo perché è impresa titanica ammettere, anche solo con se stessi, che il mostro è proprio chi ti ha messo al mondo, chi ti ha concepito, magari addirittura chi ti ha allattato, visto crescere, accompagnato nei primi passi. Se è difficilmente pensabile non vivendolo, proviamo a immaginare quanto possa essere devastante essere tormentati da queste paure e queste angosce, accompagnate dal dolore e dalla confusione provati sulla propria pelle. Da chi essere compresi, ascoltati, amati? Chi può dirsi davvero adeguato per poter accogliere una tristezza inconcepibile? A chi raccontare una violenza inconfessabile?
Spesso, l'inevitabile nessuno a cui ci viene, ancora adesso da rispondere, è l'unica risposta che riescono a ricevere, aggiungendo al dolore la sofferenza della solitudine, dell'incomprensione, dell'abbandono.
Un bambino abusato crescerà con una cicatrice nel cuore che ne condizionerà il proprio essere adulto: un trauma non affrontato rimane, inesorabilmente, pietra che ostruisce la rinascita dei cuori feriti.
I bambini sono l'umanità di domani affidata alle nostre cure: nessuno può ritenersene esente, perché nessuno può ritenersi esautorato dall'umanità.
Rimettiamo al centro i loro interessi, anche se non portano voti né denaro, perché i loro interessi sono i nostri interessi e nei loro occhi è racchiusa anche la nostra speranza per un domani migliore di oggi. Non spegniamola, ma, come possiamo, contribuiamo a mantenerla sempre accesa!
Nessun commento:
Posta un commento