autori – Maria Grilli Caiola, professoressa emerito di botanica a Tor Vergata, Paolo Maria Guarrera, etnobotanico e Alessandro Travaglini, aerobiologo
Per vederle spuntare non bisogna attendere molto. Appena 11 versetti. Genesi 1,11: «Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto"». Se poi si cerca la prima specie citata per nome, basta andare un po’ più in là. Genesi 3,6: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e ne fecero cinture». Infine all’estremo opposto, Libro dell’Apocalisse, l’ultima pianta ad essere citata, quando mancano ormai pochi versetti alla conclusione, è l’escatologico «albero della vita» (che abbiamo visto anche nel giardino dell’Eden), il quale «dà frutti 12 volte all’anno, portando frutto ogni mese» e le cui foglie «servono a guarire le nazioni» (Ap 22,2).
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«La Bibbia – sottolinea Maria Grilli Caiola – non finisce mai di stupirci. In genere si pensa che non sia un testo scientifico. Ma io per esempio ho trovato nella Genesi un bel capitolo di biologia vegetale. Prima di tutto c’è la separazione della luce dalle tenebre. Quindi la distinzione tra acque e terre. Poi la creazione delle piante, degli animali e infine dell’uomo. Troviamo qui descritta la catena alimentare.
Le piante necessitano di terra, acqua e luce. E infatti sono le prime cose che Dio crea. In seguito vengono gli animali che si cibano delle piante. E al vertice l’uomo». «Con il nostro libro – conclude la studiosa – speriamo di contribuire a quella che il Papa chiama custodia del creato. "E Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gen 2,15). Anche le piante che accompagnano la narrazione biblica ci ricordano questo impegno». Oggi tra l’altro più urgente che mai.
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