giovedì 15 gennaio 2015

A Milano per parlare di famiglia

Sabato 17 a #MILANO si discute di Falsi Miti di Progresso

Quattro amici si raccontano rifiutando l'accusa di omofobia.
 Ci chiedono perché andiamo a Milano – la domanda ha varie connotazioni e gradazioni, dal “chi te lo fa fa’?” (alla romana), imputabile probabilmente ai nostri coniugi o agli amici più sinceri, al più sottile “che ci guadagni?”, passando per il complottista “ma chi c’è dietro, che movimento politico rappresentate?” – e ricorre abbastanza spesso. La verità è che andiamo a Milano perché siamo amici e ci piace mangiare e bere insieme (va be’, alla femmina non tanto, ma insomma).
Abbiamo cominciato a ritrovarci la sera in un posto vicino a Chiesa Nuova a Roma, in un locale di un amico dell’Oratorio, ogni tanto; non tanto spesso perché abbiamo famiglie o parrocchie a carico, ma con l’impegno di farlo con continuità. Chiacchierando abbiamo scoperto che certe cose che lontano da quel tavolo, da quel gruppo di amici – soprattutto su tutti i giornali, in rete, per far prima diciamo dal pensiero mainstreaming – vengono magnificate come conquiste, come frutto delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità, a noi non piacciono tanto. Qualcosa non ci tornava. Ci è venuta voglia di parlarne insieme. Abbiamo allargato il gruppo degli amici invitati a mangiare e bere con noi. Abbiamo cominciato a parlarne fuori – noi quattro abbiamo tutti occasione di incontrare molta gente per gli altri impegni delle nostre vite. Abbiamo visto che eravamo in tanti, tantissimi, a pensarla allo stesso modo, ma da nessuna parte rappresentati.
Così ci è venuta voglia di cominciare a passare parola, e abbiamo organizzato degli incontri in cui parlavamo insieme tutti e quattro. Ci è sembrato che al centro di tutto ci fosse la questione antropologica: chi è l’uomo, come si definisce rispetto al suo sesso, come trasmette la vita, come si organizza per farlo, come vive i suoi affetti. Quella che a grandi linee è definibile come questione del gender.
Ognuno di noi quattro ha la sua storia, e siamo davvero molto diversi. Eppure il fatto di trovarci saldamente su alcuni punti comuni ci è sembrata una ricchezza, e una conferma che stessimo facendo la cosa giusta. Perché ci sono punti fermi che sono prepolitici e prereligiosi.
Marco Scicchitano è uno psicoterapeuta, marito di Miriam e padre di quattro bambini, che nel suo lavoro quotidiano si trova a fare i conti con gli effetti devastanti del relativismo nelle relazioni, nell’affettività, con le conseguenze del pensiero comune che tende a cancellare le differenze tra maschio e femmina declassandole a elementi culturali, quando lui ha studiato, e sa spiegare magnificamente, che la scienza prova alcune differenze fondamentali di conformazione e funzionamento del cervello maschile e femminile.
Costanza Miriano è una giornalista televisiva, moglie di Guido e madre dei quattro figli che le hanno insegnato quanto alcune balle diffuse sull’emancipazione femminile, sulla possibilità di conciliare lavoro e famiglia, si siano poi rivelate fregature. Così quelle sulla rivoluzione sessuale, sulla contraccezione che avrebbe dato il potere alle donne e invece glielo ha tolto, quelle sulla necessità delle donne di essere aggressive “per non lasciarsi mettere i piedi in testa”, balle che hanno lasciato le donne sole e un po’ infelici. Su questi temi ha scritto due libri tradotti in tutto il mondo, e dalla gente che va ai suoi incontri si direbbe che non sia la sola a pensarla così.
Padre Maurizio Botta è un sacerdote oratoriano, piemontese adottato dalla Roma tanto amata anche dal suo San Filippo Neri. Brillante bocconiano avviato alla carriera di industriale, ha incontrato Gesù Cristo e se ne è innamorato. Se ne è innamorato così tanto che gli brillano gli occhi. È soprattutto un sacerdote che ama la Chiesa e il Papa, crede fermamente nella verità sull’uomo e sulla donna che la Chiesa annuncia, e la sa difendere con un ardore e una coerenza da testimone che trascina migliaia di ragazzi ogni volta che parla, nel cuore di Roma. Ama questi ragazzi e li vuole davvero felici.
Mario Adinolfi ha una storia diversa alle spalle, così diversa che la sua adesione totale alle idee di Padre Maurizio e degli altri commuove tutti quelli che lo incontrano. Giocatore di poker, separato, poi risposato con la bellissima Silvia e padre di due figlie, fondatore ed ex parlamentare del pd, non ha certo il fisico del ragazzo di parrocchia. Eppure si è unito, alla battaglia contro la mercificazione delle persone – quella inevitabile quando due persone dello stesso sesso, impossibilitate dalla natura si mettono in testa di produrre un figlio. Dire che si sia unito alla battaglia è un po’ riduttivo, diciamo che è il nostro centravanti di sfondamento, per la sua forza dialettica (se volete andargli contro o siete più grossi di lui oppure vi conviene studiare bene, numeri alla mano, perché lui li sa tutti, se li ricorda e ve li sa tiare fuori al momento giusto).
Ecco, tutto era cominciato davanti a una birra, era cominciato andando nelle parrocchie della periferia romana dalla quale avevamo scelto di partire, dal basso e senza far troppo rumore, poi è montata questa vicenda grottesca di Milano e di curare le persone omosessuali, persone, che – vorrei far notare – non sono mai state nominate nel pezzo, perché noi non ce ne occupiamo se non per difendere il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre. Ecco, era cominciata così, e ci auguriamo che torni presto quello che era: un modo per ragionare insieme sui falsi miti di progresso, per tirare qualche piccolo sassolino al gigante che spadroneggia dappertutto, e tirarlo nei piazzali di cemento delle periferie dove sinceramente ci sentiamo più a nostro agio.
FONTE: lacrocequotidiano.it

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