domenica 12 ottobre 2014

Che cos'è il matrimonio?

Il matrimonio non è solo un sacramento della sessualità



di GELSOMINO DEL GUERCIO Alateia

Che cos'è il matrimonio? Un «sacramento della sessualità che trova la sua più piena espressione nel rapporto sessuale», come lo hanno definito i coniugi Ron e Mavis Pirola, rivolgendosi ai vescovi (in qualità di uditori) durante i lavori del Sinodo sulla Famiglia.

CONIUGI CONSAPEVOLI
Questa affermazione, a prima vista, potrebbe porre un problema: un matrimonio come quello tra Giuseppe e Maria, o più in generale le nozze "bianche", che valore avrebbero? Non sarebbero dei "veri" matrimoni, poiché in questi casi il sesso non è centrale nella relazione tra marito e moglie?
Il valore del matrimonio, secondo il professore Héctor Franceschi, ordinario di Diritto Matrimoniale Canonico Pontificia all'Università della Santa Croce, si misura anche sulla base della «consapevolezza di diventare coniugi, cioè, implica la sessualità, perché senza la diversità e complementarietà tra maschio e femmina non può esserci matrimonio, benché in alcuni casi, per ragione che vanno studiate caso per caso, non realizzino l’atto sessuale».

UNA DIMENSIONE SACRA
«La sessualità - spiega Franceschi - in tutte le culture, anche quelle non cristiane o pre cristiane, ha avuto sempre qualche dimensione sacra. Come ci ricordava Giovanni Paolo II il matrimonio è un sacramento con una propria peculiarità, quella di essere il sacramento di una realtà già esistente nell'ordine della creazione. La sua essenza è la donazione di se stessi, in quanti maschi o femmine. E ciò implica la potenziale paternità o maternità tramite l'atto sessuale. In questo senso, la sessualità non è un elemento secondario del matrimonio, anzi è "santa", significa l'unione tra Dio e la Sua Chiesa. Come diceva San Josemaría Escrivá: "il letto nuziale è un altare"».

SAN GIUSEPPE E LA MADONNA
A questo punto subentra un altro problema. Evidenzia il docente: «Se noi diciamo che la sessualità è elemento essenziale del matrimonio, allora è naturale chiedersi che matrimonio sia quello tra San Giuseppe e la Madonna, privo della consumazione tra i due coniugi». Un interrogativo che «si sono posti già i padri della chiesa nei primi secoli e poi i grandi teologi e canonisti del medioevo. Si sono chiesti, analizzando quel caso, cosa è che fa "diventare coniugi" un uomo e una donna, se solo il consenso o invece la consumazione dell'atto sessuale».

CASO UNICO E IRRIPETIBILE
Intanto c'è un dato: Giuseppe e Maria erano veramente sposati, erano marito e moglie. «Dio ha scelto San Giuseppe perché fosse padre e Maria fosse madre, perché Gesù, in quanto uomo, avesse bisogno di genitori che lo accudissero, e dalle loro posizioni paterne e materne lo accompagnassero nel percorso dello sviluppo. Ma parliamo di un caso unico e irripetibile, perché c'è stato un intervento diretto, concreto e speciale di Dio».
Anche San Tommaso d'Aquino, ha provato a chiarire il dilemma "matrimonio" di Giuseppe e Maria, «spiegando che loro sono stati davvero coniugi anche se non hanno mai consumato l'atto coniugale. La loro era una relazione non priva di sostanza».

LE NOZZE "BIANCHE"
Allora la genitorialità, insieme a quella fortissima condivisione, quell'essere «uno nell'altro come coniugi» che fa convivere una dimensione sessuale e spirituale, è l'altro elemento che delinea il "vero" matrimonio? E chi sceglie le nozze "bianche" sceglie nozze "fantoccio"? «La genitorialità è una cosa naturale - replica il docente - nel caso delle nozze "bianche", sono possibili se entrambi i partner sono d'accordo dall'astenersi dall'atto sessuale per motivi superiori, e non perché escludono unilateralmente gli atti coniugali o la loro apertura ai figli». 

PERCHE' ASTENERSI DALL'ATTO SESSUALE

Tra queste cause si annoverano motivi religiosi, «se magari tutti e due decidono di dedicarsi alla preghiera, o all'assistenza dei bisognosi, cioè decidono di rinunciare alla sessualità, che è propria di ogni matrimonio, per un percorso vocazionale a cui si è deciso di aderire. Purché alla base ci sia sempre una forte intesa, condivisione, consapevolezza e il riconoscimento del diritto dell’altro coniuge all’atto coniugale se cambiasse parere e decidesse di voler vivere il matrimonio nella sua dimensione sessuale e di genitorialità».

NON E' LA VIA MIGLIORE
Franceschi ritiene però che spiegare il matrimonio da queste «eccezione», non è la «via migliore», «La stragrande maggioranza delle unioni - conclude - si fondano sul donare se stessi all'altro e, come dicevo, ciò implica la donazione sessuale in quanto maschi e femmine, o meglio ancora, la donazione coniugale». Concludendo afferma, «persino in questi casi eccezionali la relazione si fonda sul fatto di essere uomo e donna, tant’è così che se uno di loro non fosse capace di realizzare l’atto coniugale non ci sarebbe matrimonio, perché l’impotenza renderebbe nullo il matrimonio. Un conto è decidere di comune accordo di non fare uso, per un motivo giusto, del diritto/dovere all’atto coniugale, e tutt’altra cosa è non essere capace di donarsi in quanto marito o moglie nell’atto coniugale».

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