mercoledì 24 settembre 2014

La preghiera purificata dallo Zen, & La FINE dell'impunità in Vaticano!

DA SPERARE PER TUTTI

La preghiera purificata dallo zen

IACOPO SCARAMUZZI, Jesus, naggio 2012 
Padre Luciano Mazzocchi sa bene cosa significa per un prete cattolico avvicinarsi al buddhismo. Nel corso dei suoi 72 anni questo missionario saveriano ha vissuto in Oriente, ha scoperto la spiritualità zen, l'ha portata in Italia. Ha animato centri di meditazione e dibattiti, ha affascinato centinaia di persone e ha anche incontrato qualche incomprensione – poi superata – con il Vaticano. «La Chiesa», afferma, «ha bisogno del buddhismo».
Padre Mazzocchi è stato missionario in Giappone dal 1962 al 1982. «Ho conosciuto lo Zen vivendo con la gente», racconta. «Capii che il buddhismo è un grande valore non solo per chi si professa buddhista o per chi vive in Oriente, ma più in generale per il cammino umano». Quando torna in Italia, Mazzocchi trascorre alcuni anni impegnato nella formazione dei futuri missionari; poi, al momento di tornare in Giappone, chiede invece al superiore di potersi occupare di «promuovere l'incontro con la spiritualità dello Zen». È il 1994 e il segretario della Commissione del dialogo interreligioso della Conferenza episcopale giapponese – l'attuale generale dei gesuiti Adolfo Nicolas – chiede a Mazzocchi di accogliere un gruppo di monaci zen in arrivo in Italia per conoscere il cristianesimo. Di lì a poco iniziano anche i primi guai. Mazzocchi fonda con il monaco buddhista Jiso Forzani il laboratorio di dialogo religioso "La stella del mattino". Ma nel 1996 la Congregazione per la dottrina della fede, guidata all'epoca da Joseph Ratzinger, notifica al vescovo di Lodi Giacomo Capuzzi le proprie riserve sul libro Il Vangelo e lo Zen scritto dal saveriano con Annamaria Tallarico e pubblicato dai dehoniani. Inizia una corrispondenza tra Roma e Lodi per chiarire i punti controversi. Nel 1998 sulla Civiltà cattolica appare un articolo col quale padre Giuseppe de Rosa critica la comunità di Mazzocchi. Il segretario dell'ex Santo Uffizio, all'epoca Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, chiede di incontrarlo. All'incontro partecipano, oltre a Bertone e Mazzocchi, alcuni consultori della Dottrina della fede. «Al termine dell'incontro che durò due ore, uno dei consultori presenti esordì così: "Ci dica, padre, come mai il buddhismo, la religione del nulla, svuota le chiese nel Nord Europa! Perché attira così tanto? Cos'ha che manca al cristianesimo?" ». La vicenda si conclude, anche se non del tutto, quando nel 2000 l'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, scrive al vescovo di Lodi una lettera con l'approvazione «di massima» dell'esperienza di Mazzocchi. Rimane qualche dubbio sulla partecipazione eucaristica, che viene chiarita in seconda battuta. «Ciò ovviamente mi ha dato conforto », commenta Mazzocchi. «Il dialogo è fecondo anche fra arcivescovi e missionari».

Nel frattempo il missionario e il monaco Jiso Forzani proseguono per strade separate. Presentato al cardinale Carlo Maria Martini, il saveriano diviene cappellano della comunità cattolica giapponese di Milano, funzione che svolge ancora oggi. Contemporaneamente ha fondato una nuova comunità a Desio, Vangelo e Zen, dove da poco tempo abita con due giovani che hanno scelto questa particolare vita "monastica": Alessio, operaio che ora fa un corso di giardinaggio, e Raul, appena uscito dall'università. A loro dovrebbe aggiungersi prossimamente Paolo, impiegato, che svolge anche il ruolo di economo della comunità. «I giovani hanno sete di silenzio, mentre in tutto il frastuono della società non si percepiscono più», spiega Mazzocchi, che sottolinea l'intenzione di promuovere «una spiritualità che ha la sua sede nel laicato, nella gente che vive nella società, non in un eremo isolato». Oltre alle attività dell'orto e ai lavori che ognuno svolge, nella villa di Desio si medita, si studia, si ascolta il Vangelo, e il sabato la comunità apre le porte a chiunque voglia passare una giornata di meditazione. Amico del cantautore Franco Battiato, Mazzocchi fa inoltre conferenze per l'Italia, alle quali partecipano ogni volta centinaia di persone.
Padre Luciano Mazzocchi.
Padre Luciano Mazzocchi.
Per spiegare perché cristianesimo e Zen non sono incompatibili, il missionario usa una metafora: «Come il mio corpo assorbe il sale, lo zucchero, e tutto trasforma in vita, così l'incontro con il buddhismo non è un confronto tra teorie, ma due percorsi che sono dentro di me perché entrambi sono per me». Lo Zen, spiega, «mi rende più cristiano, al tempo stesso più buddhista. E più vero. L'appartenenza religiosa può essere un tranello, perché può bloccare il cammino vero, che è pellegrinare la verità». In questo senso, «l'incontro col buddhismo purifica la comprensione di Cristo senza togliere nulla al cristianesimo». Anzi. «A volte», afferma padre Mazzocchi, «la Chiesa è solo luce che illumina. In certi casi il cristianesimo è diventato una religione che dà risposte, mentre il buddhismo fa spazio al silenzio da cui scaturiscono le domande, e a quel punto fornisce delle risposte. In fondo Gesù non ha insegnato a pregare ai suoi discepoli finché non gli hanno domandato di insegnare loro a pregare». Con una metafora, il saveriano spiega che «il messaggio cristiano è un annuncio vero e proprio, è il seme gettato, mentre il buddhismo cura molto l'orecchio, è arare il campo. Se il cammino cristiano scavalca la cura dell'ascolto e subito cerca la salvezza, si inaridisce. Così, il buddhismo può bloccarsi in un narcisismo religioso, in un campo sempre arato che non dà frutti. Per questo è preziosa l'integrazione delle loro differenze». Insomma, «la Chiesa ha bisogno del buddhismo, del silenzio vero».
Quella di padre Mazzocchi non è un'esperienza unica in Italia. Nel corso degli anni, il fenomeno delle pratiche di meditazione di matrice buddhista si è diffuso anche negli ambienti cattolici. In prima fila i gesuiti, che hanno una lunga tradizione di missionari in Estremo Oriente. Padre Davide Magni ha approfondito l'incontro con il buddhismo in una serie di soggiorni in Sri Lanka, India, Thailandia, Cambogia, Taiwan e Cina. E spiega così le «numerosissime esperienze di reciproco arricchimento» tra buddhismo e preghiera ignaziana: «Le forme della tradizione meditativa buddhista sono molteplici. Forse il percorso più famoso tra i tanti rimane quello del gesuita tedesco, missionario in Giappone, Hugo Enomiya Lassalle, promotore dell'affinità tra meditazione zen e spiritualità ignaziana. Il confratello giapponese Kakichi Kadowaki ne è stato il continuatore. Io, con altri gesuiti sparsi tra Asia, Europa e Nord America, stiamo riflettendo e proponendo delle possibili analogie tra il testo ignaziano e il Visuddhimagga (Il cammino della purificazione). Si tratta di una enciclopedia spirituale sulla via interiore. Fu compilato da Buddhaghosa (V secolo d.C.) dall'antico materiale canonico. La sua autorevolezza è ancora oggi indiscussa ed è il compendio fondamentale della meditazione vipassana».

Fine dell'impunità, la svolta di papa Francesco

MARCO POLITI, il Fatto Quotidiano, 24 settembre 2014
L’impensabile è successo. Con il placet di papa Francesco la gendarmeria vaticana ha messo ieri pomeriggio agli arresti l’arcivescovo pedofilo Jozef Wesolowski, ex nunzio a Santo Domingo. A Giugno scorso il prelato polacco, membro del servizio diplomatico della Santa Sede, era stato ridotto allo stato laicale al termine di un processo di primo grado e il Vaticano aveva fatto sapere che la vicenda non era conclusa, perché c’era da affrontare anche l’aspetto penale. Ma nessuno in Curia si aspettava un intervento papale così drastico e definitivo se misurato con la secolare prassi delle gerarchie ecclesiastiche di insabbiare, edulcorare o inventare soluzioni per evitare il rigore assoluto della legge ai criminali in tonaca. “In questo momento ci sono tre vescovi sotto indagine. Di uno, già condannato, si sta studiando la pena. Non ci sono privilegi su questo tema dei minori”, aveva dichiarato Francesco nel maggio scorso ai giornalisti tornando dalla Terrasanta. “In Argentina – aveva soggiunto – diciamo dei privilegiati : ‘questo è un figlio di papà’. Ecco, su questo tema non ci saranno figli di papà”. Ci sarà tolleranza zero, aveva garantito.
Nella rivoluzione di Bergoglio la vicenda di Wesolowski appare esemplare. Poco dopo la sua elezione il Papa prende atto delle accuse rivolte all’ambasciatore vaticano di avere abusato di minori provenienti dai quartieri più poveri di Santo Domingo. L’arcivescovo locale, cardinale Lopez Rodriguez, conferma la credibilità dei fatti. Francesco richiama il nunzio in Vaticano in agosto. In meno di un anno si arriva alla condanna canonica. Ancora pochi mesi e si apre – adesso procedimento penale. E’ “volontà espressa del Papa”, ha sottolineato ieri il portavoce papale padre Lombardi. L’iniziativa giudiziaria, ha spiegato, è stata presa “affinché un caso così grave e delicato venga affrontato senza ritardi, con il giusto e necessario rigore, con assunzione piena di responsabilità da parte delle istituzioni che fanno capo alla Santa Sede”.
Per capire lo shock provocato dalla decisione imperiosa di Francesco basti pensare al modo morbido con cui papa Ratzinger trattò il caso gravissimo – ancora più mostruoso rispetto all’affaire Wesolowski – del fondatore dei Legionari di Cristo. Da cardinale e prefetto del Sant’Uffizio non ha avuto il coraggio di andare ad uno scontro con l’entourage di Giovanni Paolo II, che soffocava ogni indagine su Marciel Macial, predatore seriale e abusatore dei suoi stessi figli. Da pontefice Ratzinger ha costretto Macial a ritirarsi dalla guida dei Legionari, gli ha intimato una vita riservata di penitenza, e tuttavia non ha preso la decisione di processare il criminale. Di fatto privilegiando il colpevole a danno delle vittime, che attendevano giustizia da decenni. Solo alla sua morte Macial è stato bollato come meritava. Ma in ultima istanza l’ “istituzione” ha avuto la meglio sul diritto morale delle vittime di vedere portato Macial dinanzi ad un tribunale.
L’arresto di Wesolowski renderà ancora più rabbiosa l’opposizione ultraconservatrice al pontefice argentino, accusato di essere “eccessivamente profetico” e demagogico. I prossimi mesi e i prossimi anni saranno turbolenti. Wesolowski è ormai privo di immunità diplomatica. Una volta processato e condannato a una pena detentiva, si aprirà il problema dove tenerlo incarcerato. Al di là dell’inesistenza di trattati specifici non è escluso che possa finire in prigione in Polonia. Perché un carcere il Vaticano non l’ha più.

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