venerdì 5 agosto 2016

Abbazia cistercense di San Galgano


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Dal sito della ProLoco di Chiusdino Si

La Rotonda di Montesiepi, un gioiello dell’arte romanica; una chiesa abbaziale che ha per pavimento un prato e per tetto il cielo. Monumenti dispersi in un lembo della campagna toscana, mete di curiosi, di studiosi, di devoti. Il nome di San Galgano è per molti oggi, purtroppo, solamente un toponimo e forse solo a Chiusdino la figura del biondo cavaliere eremita e la sua peculiare vicenda spirituale sono note e familiari. 
Negli ultimi tempi, poi, è stato dato di assistere ad uno sconvolgimento della sua vicenda e, di volta in volta, c’è chi ha tentato di fare di Galgano un “sacerdote” di culti magici o forse pagani che la Chiesa avrebbe occultato sotto i veli della santità cattolica; oppure un contestatore, un “patarino” in rotta con la gerarchia ecclesiastica, se non addirittura un eretico, un “cataro”! Eppure le notizie biografiche su Galgano, benché ci separino da lui più di otto secoli, sono molto sicure, perché si basano proprio sugli atti del processo di canonizzazione, addirittura il più antico processo di canonizzazione che ci sia pervenuto, svoltosi a Montesiepi dal 4 al 7 agosto 1185, ossia quattro anni dopo la morte del sant’uomo, e che fu presieduto dal Cardinale-Vescovo di Santa Sabina, Konrad von Wittelsbach, che, in qualità di legato papale, ascoltò l deposizione di venti testimoni, tra cui la madre stessa di Galgano e gli eremiti che lo avevano conosciuto. San Galgano nacque a Chiusdino nel 1148 da un nobile del luogo, Guido e da Dionisia.

E’ da supporre che Guido appartenesse alla famiglia dei conti Gherardeschi o a quella dei Pannocchieschi. Il nome “Galgano” è per nulla originale, benché possa richiamare alla mente il nome di Galvano, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, e quindi tutta la cosiddetta “materia di Bretagna” era abbastanza diffuso nella Toscana del Medio Evo; era addirittura il nome di una dei più importanti vescovi di Volterra del XII secolo, Galgano Pannocchieschi! Chiusdino, all’epoca, faceva parte della diocesi di Volterra. La consapevolezza di appartenere ad un nobile li-gnaggio dedito all’esercizio delle armi per antica tradizione, l’agiatezza, l’ozio, la vanità delle proprie leggiadre forme, produssero nel giovane Galgano un carattere altero e pomposo, dedito molto alla soddisfazione delle proprie inclinazioni malgrado gli ammonimenti dei piissimi genitori. Anzi, morto Guido nel 1178, Galgano ancor più si sentì libero di abbandonarsi ad una vita dissipata. 

Nel 1179 tuttavia, trovandosi a Siena in un negozio di panni di lana, Galgano, accidentalmente, si addormentò e nel sonno gli apparvero l’angelo Michele e sua madre. Alla donna l’angelo chiese di arruolare il figlio nella coorte celeste ed avendone ottenuto l’assenso rapiva Galgano con sé. Già questa esperienza aveva prodotto un profondo cambiamento nell’indole del giovane chiusdinese, un desiderio di mutare vita, che ad essa un’altra se ne aggiunse. Ancora un sogno: di nuovo apparve a Galgano l’angelo Michele che gli ingiunse di seguirlo, attraverso un prato ed un fiume, su un monte e lì, in una cappella rotonda, Gesù, Maria e gli Apostoli indirizzarono il giovane alla vita eremitica. Galgano si pose allora sotto la guida spirituale dei monaci di Malavalle, in Maremma, che lo invitarono a formare il proposito di ritirarsi in solitudine ed a perseverare in esso.
Non mancò a Galgano l’opposizione della madre che tentò di di-stoglierlo da questa intenzione, addirittura fidanzandolo ad una fanciulla di Civitella, in Maremma, Polissena, forse dei conti dell’Ardenghesca. Fu proprio recandosi a conoscere la promessa sposa che Galgano, verso i primi dei dicembre del 1180, ebbe una nuova esperienza mistica: l’arcangelo Michele, non in sogno ma in realtà, gli sbarrò dolcemente la strada e, prese le briglie del cavallo, lo accompagnò sul colle di Montesiepi che il giovane chiusdinese, novello Antonio, scelse quale propria Tebaide.

Quale segno di rinuncia perpetua alla guerra conficcò Galgano il suo spadone di cavaliere nel terreno. Questo gesto aveva per i cavalieri del Medio Evo un alto significato spirituale: la spada capovolta ricordava la croce! A nulla valsero a distoglierlo da questa impegnativa decisione le preghiere della madre Dionisia e dei parenti, o gli argomenti degli antichi compagni di bagordi, o la visita dell’avvenente fidanzata, Polissena, che egli anzi convinse a prendere il velo (la pia fanciulla fondò, con altre nobili vergini, il monastero di San Prospero, presso Siena).


L’esempio di Galgano, anzi, trascinò altri giovani ed in poco tempo intorno a lui si formò una piccola comunità, tanto che egli si recò dal Papa Alessandro III per ottenere l’approvazione di una primitiva regola di questi eremiti. L’esperienza eremitica di Galgano durò appena un anno.

Il 30 novembre 1181 Galgano morì santamente, aveva appena trentatré anni, ed il 3 dicembre successivo fu piamente sepolto accanto alla sua spada dai Vescovi di Siena, di Volterra e di Massa Marittima e dagli Abati di Casamari, di Fossanova e delle Tre Fontane, casualmente presenti. Il corpo del santo è andato perduto, ma nel suo paese natale è conservata la testa.
Sul luogo della penitenza ed intorno alla spada di San Galgano, nel 1185, in concomitanza con la sua canonizzazione, avvenuta per opera di Papa Lucio III, fu edificata la bella cappella rotonda con annesso un convento di monaci cistercensi; più tardi, a cavallo della metà del XIII secolo, fu costruita la grande abbazia della quale oggi possiamo ammirare i ruderi.

Il culto di San Galgano, uno dei principali protettori dell’antica Repubblica Senese, è ancora vivo soprattutto a Chiusdino, grazie alla Ven. Compagnia di San Galgano che conta oggi circa un centinaio di aderenti tra Fratelli e Sorelle. Essa ha cura di due oratori a Chiusdino, quello di San Sebastiano, sua sede legale, e quello della casa stessa del santo, e celebra il suo celeste patrono due volte l’anno, il 3 dicembre, a Chiusdino, ed il lunedì dell’Angelo con un gioioso pellegrinaggio a Montesiepi.

Andrea Conti

http://www.prolocochiusdino.it/

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