sabato 28 novembre 2015

"pan del Toni"

La nascita del panettone


Circolano molte leggende sul panettone, ve ne accenno un paio.

* Ughetto giovane rampollo di casa Atellani era innamorato di Adalgisa la figlia di un fornaio della zona. Il suo amore però era ostacolato dalla famiglia e lui poteva incontrare l’amata solo di nascosto. Gli affari del fornaio non andavano bene e Ughetto consigliò al fornaio di creare un nuovo prodotto aggiungendo all’impasto per il pane del burro e dello zucchero. Il successo fu immediato e presi dall’entusiasmo, una sera migliorarono il dolce aggiungendo anche pezzetti di cedro candito e delle uova. Fu un successo strepitoso e tutto il borgo faceva la fila per acquistare il dolce. Il successo e la notorietà raggiunta dal fornaio ammansirono la famiglia Atellani e così Ughetto e Adalgisa poterono coronare il loro sogno d'amore senza più ostacoli.




* La vigilia di Natale, alla corte del Duca Ludovico il Moro, Signore di Milano, si tenne un gran pranzo. Per quell’occasione il capo della cucina preparò un dolce elaborato, degno del fastoso banchetto. Purtroppo il  dolce bruciò durante la cottura e il panico colse i pasticcieri. Uno sguattero della cucina, detto Toni, propose di utilizzare un dolce che aveva preparato per sé, usando degli ingredienti avanzati dalla precedente preparazione del dolce. Il  “pane dolce” con una cupola ben brunita, profumato di frutta candita uova e burro, fu presentato ai conviviali del duca che lo accolsero con favore. Quando il duca volle sapere il nome del dolce e chi era l’autore di questo straordinario pane dolce, si fece avanti Toni dicendo che non gli aveva dato un nome. 

Il Duca allora diede al dolce il nome del suo creatore il "pan del Toni", ossia il panettone.

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Lprobabile origine del panettone forse va ricercata nell’usanza di celebrare il Natale con un pane più ricco di quello di tutti i giorni. In un manoscritto di Giorgio Valagussa, precettore di casa Sforza, si legge che la sera del 24 dicembre si cuocevano nel camino tre grandi pani di frumento (farina per l’epoca di gran pregio) sui quali il capofamiglia incideva una croce per propiziarsi un buon anno nuovo. Poi il capofamiglia ne serviva una fetta a tutti i commensali, serbandone una per l’anno successivo in segno di continuità.

Amici-in-allegria: La nascita del panettone


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la Storia del panettone 

La lunga strada
dai Tre Grandi Pani medievali
al Panettone di Flamigni

“Panettone” viene da Pan de Toni? Secondo questa chiave etimologica Toni, umile sguattero della cucina di Ludovico il Moro, sarebbe l’inventore di uno fra i dolci più caratteristici della tradizione italiana. Ecco la storia: alla vigilia di un Natale, il capocuoco degli Sforza brucia il dolce preparato per il banchetto ducale. Toni, allora, decide di sacrificare il panetto di lievito madre che aveva tenuto da parte per il suo Natale. Lo lavora a più riprese con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, fino ad ottenere un impasto soffice e molto lievitato. Il risultato è un successo strepitoso, che Ludovico il Moro intitola Pan de Toni in omaggio al creatore.
Non è così pacifico il primato di Toni. L’intraprendente sguattero se lo disputa con altri creativi della pasticceria, fra i quali spiccano Ughetto degli Atellani e Suor Ughetta. Il luogo della contesa, però, non è la storia, ma l’immaginario collettivo: quella di Toni e le altre sono leggende concepite tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, per nobilitare ulteriormente quello che è già il vanto della gastronomia milanese. Ughetto e Ughetta, tra l’altro, sono nomi legati al vocabolo che in milanese sta per uvetta: ughett.
La vera origine del panettone va ricercata nell’usanza diffusa nel medioevo di celebrare il Natale con un pane più ricco di quello di tutti i giorni. Un manoscritto tardo quattrocentesco di Giorgio Valagussa, precettore di casa Sforza, attesta la consuetudine ducale di celebrare il cosiddetto rito del ciocco. La sera del 24 dicembre si poneva nel camino un grosso ciocco di legno e, nel contempo, venivano portati in tavola tre grandi pani di frumento, materia prima per l’epoca di gran pregio. Il capofamiglia ne serviva una fetta a tutti i commensali, serbandone una per l’anno successivo, in segno di continuità.
Anche un’altra realtà storica avvalora la derivazione del panettone dal grande pane di frumento natalizio: fino al 1395 tutti i forni di Milano (tranne il prestino dei Rosti, fornitore dei più abbienti) avevano il permesso di cuocere pane di frumento solo a Natale, per farne omaggio ai loro clienti abituali. L’abitudine di consumare pane di frumento a Natale, quindi, è molto antica. Non c’è da stupirsi, perché molte altre città italiane ed europee condividevano l’usanza del pane arricchito della festa. Solo quello di Milano, però, è diventato il panettone.
Di questa lunga evoluzione sono documentate alcune fasi. Nel 1606, secondo il primo dizionario milanese-italiano (Varon milanes), il Panaton de Danedaa era un Pan grosso, qual si suole fare il giorno di Natale, per Metafora un’inetto [sic], infingardo, da poco. Francesco Cherubini ce ne dà una descrizione più ricca nel suo celebre Vocabolario milanese-italiano in cinque volumi (stampato tra il 1839 e il 1856; il terzo volume M-Q è del 1841). Il Panattón o Panatton de Natal come una Spe[cie] di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina (ughett) o sultana, che intersecato a mandorla quando è pasta, cotto che sia risulta a molti cornetti. Grande e di una o più libbre sogliamo farlo solo a Natale; di pari o simil pasta ma in panellini si fa tutto l’anno dagli offellai e lo chiamiamo Panattonin – Nel contado invece il Panatton suole esser di farina di grano turco e regalato di spicchi di mele e di chicchi d’uva […].
La prima fonte a parlare di lievito, invece, è del 1853: il Nuovo cuoco milanese economico, ricettario di Giovanni Felice Luraschi. I cubetti canditi (di cedro) compaiono nel Trattato di cucina, pasticceria moderna (1854) di Giovanni Vialardi, cuoco dei regnanti sabaudi. La presenza del panettone in un libro piemontese ottocentesco prova l’antichità della diffusione di questo dolce nella regione scelta da Flamigni come sede dei suoi impianti produttivi.

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