domenica 5 ottobre 2014

«il futuro dell’umanità passa attraverso la famiglia»

Sposi, scommettete sul Vangelo

DI AUTORI VARI
di Mimmo Muolo   per Avvenire
Dal Sinodo sulla famiglia il cardinale Stanislaw Rylko si augura che venga un duplice stimolo. Ai laici cattolici, uomini e donne, affinché testimonino con le parole e con l’esempio che «il futuro dell’umanità passa attraverso la famiglia». E alla Chiesa tutta, a «rinnovare ripensare in profondità la pastorale familiare». A pochi giorni dall’inizio dell’assise sinodale, cui parteciperà in quanto presidente del Pontificio Consiglio per i laici, il porporato polacco sottolinea in questa intervista ad Avvenire alcuni temi connessi con l’impegno evangelizzatore del laicato.
Eminenza, come annunciare il Vangelo della famiglia in un mondo che promuove e impone modelli di vita radicalmente opposti?
Il Sinodo è l’occasione per riflettere coralmente proprio sulle risposte da dare a questa domanda. Ma fin d’ora vorrei sottolineare il ruolo decisivo e insostituibile dei laici nell’annuncio del Vangelo della famiglia. Anche perché la sfida non è più rimandabile. Nella vita degli sposi cristiani ci vuole il coraggio dei profeti, il coraggio cioè di andare controcorrente rispetto alla cultura dominante, per mostrare con i fatti che il matrimonio è un programma di vita bello e affascinante, fonte di felicità per i coniugi e per i figli.
Tra i temi del Sinodo, a fare la parte del leone – almeno sui media – è stata la questione della comunione ai divorziati risposati. Dal suo punto di vista c’è un ordine di priorità che i Padri sinodali devono affrontare?
Non è da sottovalutare il fatto che, soprattutto nell’ambito della cultura occidentale, il matrimonio sta diventando sempre di più una scelta residuale. Molti scelgono di non sposarsi ed è in vertiginoso aumento il numero delle convivenze e dei divorzi. Inoltre nei nostri tempi accade spesso che la voce della Chiesa circa la natura stessa della famiglia e del matrimonio; circa la sua indissolubilità, l’amore sponsale fedele e fecondo e l’apertura alla vita venga contestata, rifiutata, non di rado ridicolizzata dai media. Che fare in queste occasioni? Come ribaltare la mentalità dominante? Ecco, questi sono a mio avviso spunti di riflessione altrettanto importanti, perché in realtà si tratta di difendere la natura più profonda dell’essere umano creato da Dio maschio e femmina.
Da dove ripartire?
Vi sono alcune domande fondamentali che soprattutto gli sposi cattolici devono porsi: vivo veramente la vita del mio matrimonio e della mia famiglia secondo il disegno di Dio? Ho il coraggio di scommettere pienamente sul Vangelo della famiglia annunciato dal magistero della Chiesa? Cerco, nonostante i miei limiti e la mia debolezza, di testimoniare la bellezza del matrimonio e della famiglia cristiana nell’ambiente in cui vivo? L’impegno è veramente grande, anche perché è forte la pressione della post-modernità in questo ambito, e non pochi cedono ai suoi diktat distruttivi. Ma san Giovanni Paolo II, che papa Francesco ha definito «il Papa della famiglia», ci ha insegnato che «il Vangelo non promette a nessuno una vita comoda» e che «per salvarsi bisogna prendere la croce». Dunque questa è la stagione per rimboccarsi le maniche.
Quali i compiti della comunità cristiana?
C’è una grande urgenza di rinnovare e di ripensare in profondità tutta la pastorale familiare, perché sia capace di esprimere veramente il volto materno della Chiesa, che non esclude nessuno. Siamo chiamati ad accompagnare pastoralmente con generosità, carità ed empatia le coppie cristiane, specialmente quelle che sono in crisi o vivono situazioni irregolari (i divorziati risposati, ad esempio), e affrontare quelle questioni (penso alla bioetica) che pongono problematiche spesso inedite. In sostanza, come ha detto il Papa, serve una conversione pastorale missionaria che non può lasciare le cose come stanno.

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