venerdì 27 giugno 2014

Ramadan ...

Omelie islamiche

Domani comincia il Ramadan, il mese sacro di preghiera, digiuno, carità e perdono


I musulmani commemorano il momento in cui Allah rivela a Maometto i primi versetti del Corano. E' soprattutto un periodo per compiere buone azioni evitando tutto ciò che dispiace ad Allah. Ogni persona che ha superato l'età della pubertà ed è mentalmente e fisicamente sana è obbligata a digiunare. Ma nel mondo consumistico di oggi il mese del digiuno e il suo approssimarsi sono accompagnati dalla accumulazione di scorte. 

Beirut (AsiaNews) - Al tramonti di domani, all'apparire della prima falce della Luna nuova, o rukyah, per gran parte del mondo musulmano inizierà il Ramadan, il mese sacro nel quale si digiuna, si prega, si compiono opere di carità, si perdona. Il giorno di inizio non è lo stesso in tutto il mondo, proprio in quanto è legato a quando si vede la Luna crescente del primo giorno del nono mese del calendario islamico. Terminerà con la Luna nuova del 27 luglio. Il mese sacro di quest'anno sarà anche il più duro da 30 anni, con un periodo medio di astinenza da cibo e acqua di quasi 16 ore.
Con il Ramadan i musulmani commemorano il momento in cui Allah rivela a Maometto i primi versetti del Corano, inviando sulla terra l'arcangelo Gabriele. Ogni persona che ha superato l'età della pubertà ed è mentalmente e fisicamente sana è obbligata a digiunare. Però chi cucina può assaggiare i cibi per sentire se sono salati o speziati al punto giusto.
La tradizione vuole che il digiuno quotidiano cominci nel momento in cui si riesce a distinguere un filo bianco da un filo nero. Nei villaggi e nelle città esso è annunciato dal muezzin che chiama tutti alla preghiera dell' Al Fajr (preghiera del mattino). Il digiuno termina al tramonto con l'Al - Magrib (preghiera del tramonto) che da' il via all'iftar la cena da condividere insieme a tutta la famiglia. Di fatto la vita delle persone cambia: di giorno vie e negozi, oltre ai ristoranti, sono quasi vuoti, ma al tramonto si riempiono.
Ma nel mondo consumistico di oggi il mese del digiuno e il suo approssimarsi sono accompagnati dalla accumulazione di scorte. Sul Kuwait Times uno studioso islamico lamenta che il mese di digiuno, carità e solidarietà con i poveri "purtroppo è diventato un pretesto per un consumo eccessivo". "Quasi tutti i supermercati e le cooperative hanno lanciato promozioni per  il Ramadan" ed "è uno spettacolo comune vedere acquirenti spingere carrelli che gemono sotto il peso di prodotti alimentari che non potranno mai essere consumati".
A confermare le sue parole, in Arabia Saudita una catena di supermercati, la Lulu Hypermarkets, ha lanciato una mega-promozione che ha in palio anche cinque automobili, oltre a televisori, tablet e telefoni cellulari. E nei giorni scorsi è apparsa la notizia che I residenti di Jeddah stanno facendo scorta di datteri, in previsione degli aumenti di prezzi che accompagnano il mese sacro.
Ma per la grande maggioranza dei musulmani, il digiuno è uno degli aspetti cruciali del Ramadan ed è uno dei cinque pilastri (doveri) dell'islam. La sua istituzione risale al secondo anno dall'"egira" (622 d.C.). Il periodo corrisponde alla fuga di Maometto dalla Mecca all'oasi di Yathrib poi rinominata Medina (Madinat al Nabi, città del profeta), per sfuggire dall'ostilità delle tribù che vedevano nel leader e nei suoi seguaci un minaccia per i loro interessi. Egli istituì il digiuno per far crescere i propri adepti nello spirito e nella morale, ricordando in questo modo coloro che non hanno nulla da mangiare. Per questa ragione durante il Ramadan, oltre al digiuno e alla preghiera la gente compie atti di carità verso i poveri e i malati.
Sono esentati dal digiunare: le persone con problemi psicologici, i bambini sotto l'età della pubertà, gli anziani, i malati, i viaggiatori e le donne incinte, che allattano, o appena entrate nel ciclo mestruale. Come esercizio, molti genitori fanno osservare ai bambini un digiuno veloce (mezza giornata).
Nella logica del perdono si pone invece l'iniziativa degli Emirati di liberare 147 carcerati, imprigionati per vari reati.
Ma il mese sacro è soprattutto un periodo per compiere buone azioni evitando tutto ciò che dispiace ad Allah. E' il momento per purificare l'anima e chiedere perdono a coloro che si sono offesi. In questi giorni, infatti le porte dello Jannah (il Paradiso) sono aperte e quelle dello Jahannum (il fuoco infernale) sono chiuse. E' anche momento per ringraziare Allah per tutte le benedizioni che ci ha dato e per fare la carità a coloro che non sono così fortunati.
Anche per questo, durante questo mese, sono molti i musulmani che si recano a la Mecca per la Umrah, il pellegrinaggio. Quest'anno, nella Grance moschea della Mecca sono al termine i lavori per l'ampliamento della  "mataf" l'area intorno alla "Casa di Dio" che potrà accogliere 130mila pellegrini l'ora, invece dei 50mila attuali. Ed è stato quasi completato un sistema per il quale alla Grande Moschea della Mecca  ogni utente di smartphone può scaricare il Corano in 72 diverse lingue.
Il Ramadan, infine, ha anche effetto sui social media. Uno studio ha mostrato come durante questo mese l'uso di Facebook e Twitter aumenti di un terzo. Molti dei messaggi hanno contenuto spirituale.

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Ospiti musulmani che prendono la parola al posto dell'omelia

Gesù è solo un profeta o in Lui si sono adempiute tutte le profezie?
Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre McNamara risponde oggi ad una domanda posta da un lettore negli USA.

Nella messa celebrata la scorsa domenica di Pentecoste, al posto dell'omelia due esponenti della moschea locale sono stati invitati ad “unirsi a noi nella preghiera, alla luce dell'esempio dato dal nostro Santo Padre”. Il primo leader musulmano ha condiviso le sue idee su Dio, su come siamo tutti alla ricerca della pace e come essa possa essere trovata solo in Dio. Ha spiegato che i seguaci dell’Islam credono nello stesso Dio dei cristiani e che anche i musulmani credono che “Gesù era un profeta, come il grande Maometto". Il secondo esponente musulmano ha proseguito leggendo alcuni brani del Corano in inglese e poi ha cantato questi stessi brani in arabo. Ha letto anche alcuni versetti su Maria. Alla fine della loro "preghiere per la pace", la donna che li ha introdotti ha affermato testualmente che “i nostri fratelli musulmani stavano per lasciare la Liturgia della Parola, mentre ci prepariamo a recitare il Credo, il quale ci isola ulteriormente da loro". Non mi turba che musulmani vengano invitati come osservatori alla nostra Messa, ma mi chiedo: non è un grave errore permettere a loro di parlare al posto dell’omelia, leggere il Corano e affermare varie volte che anche loro "credono che Gesù era un grande profeta"? Personalmente mi sono sentito imprigionato in casa propria e mi sono vergognato di non aver avuto il coraggio dei primi martiri di testimoniare: “Gesù non era SOLO un profeta, ma il Figlio di DIO". Inoltre sono rimasto sbigottito quando ho sentito definire il nostro Credo un elemento di “isolamento”. Per me è la verità della quale non dobbiamo vergognarci, neppure quando abbiamo visitatori di un'altra fede. Esagero? -- H.C., Orlando, Florida (USA)
Ecco la risposta formulata da padre McNamara:
Papa Francesco ha fatto tantissimo per promuovere la reciproca comprensione e accettazione tra persone di fedi diverse. Allo stesso tempo, il Pontefice, come i suoi predecessori, ha fatto di tutto per evitare ogni sincretismo religioso e personalmente io non mi ricordo casi in cui preghiere non cristiane siano state introdotte in un atto liturgico cristiano, tanto meno in una Messa.
Pertanto, prima di tutto penso che voler richiamarsi all’esempio di papa Francesco per questo atto sia semplicemente fuori luogo.
In secondo luogo, non penso che i leader musulmani coinvolti in questo episodio abbiano mai pensato di invitare un ministro cristiano alla preghiera del venerdì per dire ai fratelli di fede musulmana che i cristiani credono che Gesù sia il Figlio di Dio e la rivelazione definitiva di Dio all'umanità. Dico questo non per criticare i musulmani per la mancanza di reciprocità, ma voglio semplicemente segnalare che questo sarebbe perfettamente coerente da un punto di vista musulmano, poiché consentire ad un cristiano di affermare questo, sarebbe come negare il principio centrale dell'Islam stesso.
Credo che dovrebbe essere altrettanto ovvio per un ministro cattolico che non possa esserci posto per una spiegazione di una religione non cristiana nel contesto di una celebrazione cristiana.
Ci sono certamente momenti e luoghi in cui si può spiegare una religione non cristiana con reciproco beneficio ma mai all’interno di un atto liturgico cristiano. Ogni liturgia cristiana è infatti una proclamazione di fede e spiegare al suo interno un'altra religione significa negare il motivo stesso per cui si partecipa all’atto di culto. In questo senso noi non siamo "isolati" dai musulmani soltanto dal Credo, ma già dal momento in cui facciamo il segno della croce e proclamiamo la Trinità all'inizio stesso della Messa.
Per dirla chiaramente, anche se può e deve esserci il rispetto reciproco e la pace tra di loro, dal punto di vista delle credenze religiose, l'islam e il cristianesimo sono religioni incompatibili. Ci sono infatti alcuni valori condivisi ed elementi comuni di pratica religiosa, ma allo stesso tempo entrambe le religioni proclamano concetti dottrinali assoluti che si escludono a vicenda. Cioè possiamo essere d'accordo nell’essere in disaccordo in modo amichevole, ma dobbiamo accettare che non ci può essere un terreno comune per quanto riguarda i contenuti dottrinali centrali. Solo allora si potrà avere un dialogo fecondo.
In questo senso possiamo ora affrontare le affermazioni fatte dai leader musulmani durante la Messa. Nella misura in cui entrambe le fedi credono che ci sia un solo Dio, allora è certo che adoriamo lo stesso Dio. Da un punto di vista più speculativo, tuttavia, alcuni studiosi sostengono che i concetti sottostanti riguarda la natura e gli attributi della divinità non sono sempre compatibili in entrambe le religioni.
Allo stesso modo, l'affermazione che i musulmani considerano Gesù un grande profeta come Maometto è sostanzialmente priva di significato per i cristiani.
Per capire, faccio un altro esempio. Un cristiano potrebbe dire ad un ebreo che i cristiani considerano Isaia un grande profeta, il che sarebbe una dichiarazione veritiera. Tuttavia, questo non significa che un ebreo possa accettare l’esegesi cristiana secondo la quale alcuni testi di Isaia profetizzano la vita e la morte di Gesù. Se lo facesse, negherebbe la propria fede ebraica.
Per i cristiani, Cristo è il Figlio di Dio e la rivelazione definitiva di Dio all'umanità. Un cristiano non può accettare che Maometto sia un profeta in senso cristiano, dal momento che tutte le profezie si sono adempiute in Cristo. Né può il cristianesimo dare alcun credito al Corano come Rivelazione divina, perché non ci può essere Rivelazione pubblica dopo gli apostoli. Affermare diversamente equivale negare la dottrina centrale della nostra fede.
Infine, anche se può sembrare un argomento legalistico, l'omelia non può essere omessa nelle domeniche e nelle feste di precetto. Inoltre, solo un ministro ordinato può tenere l’omelia, la quale deve incentrarsi strettamente sul mistero salvifico della fede.
Infatti, l'istruzione Redemptionis Sacramentum, emessa il 25 marzo 2004 dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dice nei n° 64-67:
“[64.] L’omelia, che si tiene nel corso della celebrazione della santa Messa ed è parte della stessa Liturgia, «di solito è tenuta dallo stesso Sacerdote celebrante o da lui affidata a un Sacerdote concelebrante, o talvolta, secondo l’opportunità, anche al Diacono, mai però a un laico. In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche da un Vescovo o da un Presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può concelebrare».
“[65.] Va ricordato che, in base a quanto prescritto dal canone 767, § 1, si ritiene abrogata ogni precedente norma che abbia consentito a fedeli non ordinati di tenere l’omelia durante la celebrazione eucaristica. Tale prassi è, di fatto, riprovata e non può, pertanto, essere accordata in virtù di alcuna consuetudine.
“[66.] Il divieto di ammissione dei laici alla predicazione durante la celebrazione della Messa vale anche per i seminaristi, per gli studenti di discipline teologiche, per quanti abbiano ricevuto l’incarico di «assistenti pastorali», e per qualsiasi altro genere, gruppo, comunità o associazione di laici.
“[67.] Soprattutto, si deve prestare piena attenzione affinché l’omelia si incentri strettamente sul mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri della fede e le regole della vita cristiana e offrendo un commento ai testi dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche altro rito della Chiesa. Va da sé che tutte le interpretazioni della sacra Scrittura debbano essere ricondotte a Cristo come supremo cardine dell’economia della salvezza, ma ciò avvenga tenendo anche conto dello specifico contesto della celebrazione liturgica. Nel tenere l’omelia si abbia cura di irradiare la luce di Cristo sugli eventi della vita. Ciò però avvenga in modo da non svuotare il senso autentico e genuino della parola di Dio, trattando, per esempio, solo di politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a nozioni provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra epoca.”
 [Traduzione dall'inglese a cura di Paul De Maeyer]

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AGGIORNAMENTO ...
In occasione della fine del Ramadan.

Cari fratelli e sorelle musulmani,...



Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ai Musulmani per la fine del Ramadan. “Lavoriamo insieme per costruire ponti di pace e promuovere la riconciliazione specialmente nelle aree in cui musulmani e cristiani subiscono insieme l’orrore della guerra”
[Text: Italiano, Français, English]In occasione della fine del Ramadan (‘Id al-Fitr 1435 H. / 2014 A.D.) che si celebra il 27/28 luglio, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha inviato ai Musulmani del mondo intero un messaggio augurale dal titolo: Verso un’autentica fraternità fra cristiani e musulmani. Questo il testo del Messaggio, a firma del Presidente, Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, e del Segretario, P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.J..Cari fratelli e sorelle musulmani,
E’ per noi una grande gioia porgervi le nostre sentite felicitazioni ed i migliori auguri in occasione dell’‘Id al-Fitr al termine del mese di Ramadan, dedicato al digiuno, alla preghiera e al soccorso dei poveri.
Lo scorso anno, il primo del Suo ministero, Papa Francesco ha firmato personalmente il Messaggio a voi indirizzato in occasione dell’‘Id al-Fitr. In un’altra occasione, vi ha anche salutato come “nostri fratelli” (Angelus, 11 agosto 2013). Tutti noi riconosciamo la pregnanza di queste parole. Infatti, cristiani e musulmani sono fratelli e sorelle dell’unica famiglia umana, creata dall’unico Dio.
Ricordiamo ciò che disse Papa Giovanni Paolo II ad alcuni capi religiosi musulmani nel 1982: “Tutti noi, cristiani e musulmani, viviamo sotto il sole di un unico Dio misericordioso. Crediamo tutti in un solo Dio Creatore dell’Uomo. Acclamiamo la signoria di Dio e difendiamo la dignità dell’uomo in quanto servo di Dio. Adoriamo Dio e professiamo una sottomissione totale a lui. In questo senso possiamo dunque chiamarci gli uni gli altri fratelli e sorelle nella fede in un solo Dio” (Kaduna, Nigeria, 14 febbraio 1982).
Rendiamo grazie all’Altissimo per tutto ciò che abbiamo in comune, pur essendo consapevoli delle nostre differenze. Noi percepiamo l’importanza della promozione di un dialogo fruttuoso basato sul reciproco rispetto ed amicizia. Ispirati dai nostri valori condivisi e rafforzati dai nostri sentimenti di genuina fraternità, siamo chiamati a lavorare insieme per la giustizia, la pace e il rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona. Ci sentiamo particolarmente responsabili dei più bisognosi: i poveri, i malati, gli orfani, i migranti, le vittime della tratta umana e tutti coloro che soffrono a causa di ogni forma di dipendenza.
Come sappiamo, il mondo attuale deve affrontare gravi sfide che esigono solidarietà da parte delle persone di buona volontà. Queste sfide comprendono le minacce all’ambiente, la crisi dell’economia globale e alti livelli di disoccupazione specialmente fra i giovani. Tali situazioni generano un senso di vulnerabilità ed una mancanza di speranza nel futuro. Non dobbiamo neppure dimenticare i problemi affrontati dalle tante famiglie che sono state separate, lasciando i propri cari e spesso anche bambini piccoli.
Lavoriamo insieme, perciò, per costruire ponti di pace e promuovere la riconciliazione specialmente nelle aree in cui musulmani e cristiani subiscono insieme l’orrore della guerra. Possa la nostra amicizia ispirarci sempre a cooperare nell’affrontare queste numerose sfide con saggezza e prudenza. In tal modo potremo aiutare a ridurre le tensioni e i conflitti, facendo progredire il bene comune. Dimostreremo pure che le religioni possono essere sorgente di armonia a vantaggio di tutta la società.
Preghiamo che la riconciliazione, la giustizia, la pace e lo sviluppo rimangano le nostre prime priorità, per il benessere ed il bene dell’intera famiglia umana. Con Papa Francesco, vi rivolgiamo i nostri cordiali auguri di una gioiosa festa e di una vita di prosperità nella pace.
Dal Vaticano, 24 giugno 2014
Jean-Louis Cardinal Tauran
Presidente
P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ Segretario
FranceseEn route vers une authentique fraternité entre chrétiens et musulmansCher Frères et Soeurs musulmans,
Nous avons la grande joie de vous offrir nos plus sincères félicitations et nos voeux les meilleurs à l’occasion de ‘Id al-Fitr qui conclut le mois de Ramadan consacré au jeûne, à la prière et au secours des pauvres.
L’an passé, première année de son ministère, le pape François a personnellement signé le traditionnel message. En une autre occasion, il s’est adressé à vous comme « nos frères et soeurs » (Angélus, 11 août 2013). Nous connaissons bien la signification de ces mots. En fait, chrétiens et musulmans sont frères et soeurs dans la famille humaine, créée par le Dieu unique. Souvenons-nous de ce que le pape Jean-Paul II disait à des chefs religieux musulmans en 1982 : « Nous tous, chrétiens et musulmans, nous vivons sous le soleil du même Dieu miséricordieux. Nous croyons les uns et les autres en un seul Dieu, créateur de l’homme. Nous acclamons la souveraineté de Dieu et nous défendons la dignité de la personne humaine comme serviteur de Dieu. Nous adorons Dieu et nous professons notre totale soumission à Lui. Donc, nous pouvons nous appeler au vrai sens des mots : frères et soeurs dans la foi en un seul Dieu » (Kaduna, Nigéria, 14 février 1982).
Nous remercions le Très-Haut pour ce que nous avons en commun, tout en restant conscients de nos différences. Nous percevons l’importance de la promotion d’un fructueux dialogue, fondé sur le respect mutuel et l’amitié. En nous inspirant de nos valeurs partagées et fortifiés par nos sentiments d’authentique fraternité, nous sommes appelés à travailler ensemble pour la justice, la paix et le respect des droits et de la dignité de chaque personne. Nous nous sentons responsables, d’une manière particulière, de ceux qui ont le plus besoin d’aide : les pauvres, les malades, les orphelins, les immigrants, les victimes du trafic des êtres humains et tous ceux qui souffrent de dépendance quelle qu’en soit sa nature.
Nous le savons, notre monde contemporain doit faire face à de graves défis qui sollicitent la solidarité de toutes les personnes de bonne volonté. Il s’agit notamment des menaces qui pèsent sur l’environnement, de la crise de l’économie mondiale et des taux de chômage élevés, particulièrement chez les jeunes. Ces situations génèrent un sentiment de vulnérabilité et un manque d’espérance en l’avenir. N’oublions pas non plus les problèmes rencontrés par de nombreuses familles qui ont été séparées, laissant derrière elles leurs proches et souvent des enfants en bas âge.
Travaillons donc ensemble pour construire des ponts de paix et promouvoir la réconciliation, en particulier dans les régions où musulmans et chrétiens souffrent ensemble des horreurs de la guerre.
Puisse notre amitié nous inciter à toujours coopérer pour faire face à ces nombreux défis avec sagesse et prudence. Ainsi, nous contribuerons à réduire tensions et conflits et à faire progresser le bien commun. Nous démontrerons aussi que les religions peuvent être une source d’harmonie pour le bien de l’ensemble de la société.
Prions pour que la réconciliation, la justice, la paix et le développement continuent de figurer parmi nos priorités de première importance pour le bonheur et le bien de toute la famille humaine.
Avec le Pape François, nous vous adressons nos voeux cordiaux pour une joyeuse fête et une vie prospère dans la paix.
Du Vatican, le 24 juin 2014
Cardinal Jean-Louis Tauran
Président
P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ
Secrétaire
IngleseTowards a Genuine Fraternity between Christians and MuslimsDear Muslim Brothers and Sisters,
It gives us great joy to offer you our heartfelt congratulations and good wishes on the occasion of 'Id al-Fitr at the conclusion of Ramadan, a month dedicated to fasting, prayer and helping the poor.
Last year, the first year of his ministry, Pope Francis personally signed the Message addressed to you on the occasion of ‘Id al-Fitr. On another occasion, he also called you “our brothers and sisters” (Angelus, 11 August 2013). We all can recognize the full significance of these words. In fact, Christians and Muslims are brothers and sisters in the one human family, created by the One God.
Let us recall what Pope John Paul II said to Muslim religious leaders in 1982: "All of us, Christians and Muslims, live under the sun of the one merciful God. We both believe in one God who is the creator of man. We acclaim God's sovereignty and we defend man's dignity as God's servant. We adore God and profess total submission to him. Thus, in a true sense, we can call one another brothers and sisters in faith in the one God." (Kaduna, Nigeria, 14 February 1982). We thank the Almighty for what we have in common, while remaining aware of our differences. We perceive the importance of promoting a fruitful dialogue built upon mutual respect and friendship. Inspired by our shared values and strengthened by our sentiments of genuine fraternity, we are called to work together for justice, peace and respect for the rights and dignity of every person. We feel responsible in a particular way for those most in need: the poor, the sick, orphans, immigrants, victims of human trafficking, and those suffering from any kind of addiction.
As we know, our contemporary world faces grave challenges which call for solidarity on the part of all people of good will. These include threats to the environment, the crisis of the global economy and high levels of unemployment particularly among young people. Such situations give rise to a sense of vulnerability and a lack of hope for the future. Let us also not forget the problems faced by so many families which have been separated, leaving behind loved ones and often small children.
Let us work together, then, to build bridges of peace and promote reconciliation especially in areas where Muslims and Christians together suffer the horror of war. May our friendship inspire us always to cooperate in facing these many challenges with wisdom and prudence. In this way we will help to diminish tension and conflict, and advance the common good. We will also demonstrate that religions can be a source of harmony for the benefit of society as a whole.
Let us pray that reconciliation, justice, peace and development will remain uppermost among our priorities, for the welfare and good of the whole human family. Together with Pope Francis, we are happy to send you our cordial best wishes for a joyful celebration and a life of prosperity in peace.
From the Vatican, 24 June 2014
Cardinal Jean-Louis Tauran
President
Father Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ
Secretary

Ramadan nel mondo: Egitto


Un proverbio egiziano dice: 'Se non avete visto il Ramadan celebrato in Egitto, allora non avete visto le celebrazioni!’  e questo per sottolineare quanto siano speciali le tradizioni che accompagnano il mese sacro in questo paese.Pochi giorni prima l'inizio del Ramadan, e fino alla fine del mese, le strade si riempiono di persone indaffarate per i preparativi. Dolci, biscotti e torte, come konafah, basbousah, e katayef si preparano ovunque. Il qamar eldin (succo di albicocca) lo si trova su ogni tavola assieme al medamis (fave), allo zabadi (yogurt) e ai deliziosi e colorati vasetti di torshi baladi (sottaceti fatti in casa). In alcune parti del paese, soprattutto nelle grandi città come Il Cairo, la solidarietà sociale è espressa sotto forma di "banchetti di carità". Ricchi uomini d'affari pagano il loro zakat (elemosina annuale) acquistando cibo per i poveri che non possono permettersi i mezzi per rompere il digiuno. Quasi in ogni angolo di strada si trovano tavoli e sedie, dove viene distribuito il cibo gratuito per chi è nel bisogno. Prima dell'alba, per tutto il mese, il Musaharti (Al-Mesarahaty) inizia il suo lavoro. Il Musaharati è colui che sveglia la gente per avvertirla che è l’ora del Sahour (pasto pre-alba). Camminando per le strade batte su un piccolo tamburo, a volte cantando e gridando. In alcuni piccoli villaggi egli può anche stare di fronte a ogni casa e chiamare ogni abitante con il loro nome, per svegliarli. Una delle sue canzoni tradizionali è "Suhur, suhur / Es ha ya Nayem / Wahed el Dayem / Ramadan Kareem / Es ha ya Nayem, wahed el Razzaq", "Svegliatevi voi che dormite, pregate per l'eternità, felice Ramadan , Dio è Colui che vi manda il vostro sostentamento ". Il Mesarahaty non prende alcun compenso per questo lavoro notturno, ma è consuetudine alla fine del Ramadan dare del denaro o un regalo per i suoi sforzi. Lo sparo di un cannone , noto anche come 'Haja Fatemah', segna l'alba e il tramonto e segnala quindi il tempo per iniziare e terminare il digiuno. Si racconta che, quando il sultano mamelucco Al-Zaher Seif Al-Din Zenki Khashqodom ricevette in regalo un cannone da un conoscente tedesco, i suoi soldati lo testarono sparando un colpo al tramonto. Essendo nel mese di Ramadan  lo sparo coincise con il momento della rottura del digiuno e gli abitanti del Cairo pensarono che il Sultano li stesse avvertendo per l’ iftar. I dignitari di corte, rendendosi conto che una tale usanza avrebbe potuto aumentare la popolarità del Sultano, gli suggerirono  di continuare la pratica.Si racconta anche che fu la moglie del sultano, Haja Fatemah, a ricevere i tedeschi venuti a consegnare il dono,  dato che il Sultano non era in casa, ed è  per questo che il cannone porta il suo nome.Per tutto il mese, ogni moschea, edificio, strada e vicolo si illuminano decorati con le fanous (lanterne). Dopo 30 giorni di digiuno, i musulmani egiziani festeggiano l’ Eid al-Fitr in grande stile. E’ ancora un colpo di cannone sparato al crepuscolo a dare il via a tre giorni di festa in cui le persone indossano vestiti nuovi, visitano parenti e amici e si preparano grandi feste. Gite sul fiume Nilo con le feluca(barche a vela)  sono una caratteristica speciale di queste celebrazioni nei pressi del Cairo.

Il Ramadan e l'harem



Alle grandi festività l'harem partecipava in due modi: aiutando nei preparativi e assistendovi da palchi appositamente allestiti. V'erano però, lungo il corso dell'anno, anche altre cerimonie ed altre festività, soprattutto religiose, cui le donne dell'harem partecipavano. Ad esempio la preghiera del venerdì. A mezzogiorno si formava un corteo pubblico, che accompagnava il sultano alla moschea. Durante il mese diRamadàn i cerimoniali religiosi erano maggiormente osservati. La prima notte del mese sacro trascorreva nella preghiera. fino a che il cannone annunciava l'inizio del digiuno. A mezzogiorno un teologo teneva un sermone in ogni nucleo dell'harem. La sera era nuovamente lo sparo del cannone che segnava la rottura del digiuno. Limonate, sciroppi, datteri e miele, erano i cibi che si assumevano prima di dare inizio al pasto vero e proprio. A questo punto il sultano invitava dignitari e ospiti di gran lignaggio, ed era compito della validè sultàn e delle donne dell'harem ospitare le spose dei dignitari. Dopo la preghiera le donne dell'harem e le loro ospiti potevano essere intrattenute con canti e musiche. Per la festa di fine Ramadàn, il sultano visitava l'harem, distribuendo doni a tutti e cercando, in particolare, di appianare lagnanze e eventuali questioni. Era d'obbligo per il sultano visitare la validè e le donne dell'harem durante la festività per la "notte del destino" (quando il profeta Maometto ricevette la prima rivelazione del Corano); per la "nascita del Profeta"; per la "notte dell'Ascesa" (durante la quale il Profeta compì un viaggio mistico); e per la "festa del sacrificio" che rammenta il sacrificio di Abramo. In queste occasioni si regalavano soprattutto oggetti e monili in filigrana d'argento e d'oro.
                             

                                               Ramadan Mubarak 

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