sabato 7 giugno 2014

Coppa del Mondo - L'altra faccia del Brasile..

I ‘meninos de rua’, l’altra faccia del Brasile che non si può raccontare

 articolotre.com
meninos de rua
-R.C.- I ‘meninos de rua, i bambini di strada in Brasile sono oltre sette milioni, ma ve ne sono almeno altri potenziali 30 milioni, i minori che vivono in famiglie con un reddito mensile inferiore ai 7° dollari.
Un’esistenza fatta di violenza impunita, ogni giorno quattro bambini vengono assassinati e i loro carnefici non sono neppure perseguiti in un Paese  dove vige la più assoluta mancanza di regole.
Bambini nel mirino dei poliziotti, dei gruppi di sterminio finanziati da commercianti e imprenditori con mire espansionistiche all’interno delle favelas, dei giustizieri che hanno il controllo del traffico di droga e dello sfruttamento della prostituzione minorile.
Bambini e bambine schiavizzati e reclusi in postriboli, oppure costretti a lavorare in condizioni disumane nelle miniere d’oro.
Una realtà paragonabile alla punta di un iceberg: i bambini di strada sotterranei sono molto più numerosi di quelli che si vedono, ma non infastidiscono una società civile colpevolmente indifferente.
Nel Nord Est del Brasile, la zona più povera del paese sudamericano, è assolutamente regola che bimbe di nove, dieci anni, siano prelevate dalle famiglie con la promessa di un lavoro come cameriera, per ritrovarsi poi in qualche sordido lupanare ad alimentare il mercato della prostituzione minorile, prede di orchi senza scrupoli in arrivo dall’Europa, dagli Usa o dal Giappone.
Rio, la capitale, guida la tragica classifica dei massacri, con 350 omicidi in sei mesi, poi San Paolo, Fortaleza, Brasilia. Ragazzini accoltellati o freddati a revolverate per le strade che cominciano ad essere invase dai turisti che assisteranno, ignari oppure no,  ai mondiali di calcio.
Il Brasile sta volando in termini di aumento del Pil e benessere economico, inversamente proporzionale la condizione sociale del ceto medio basso dei suoi abitanti.
Fino a pochi anni fa gli abitanti delle favelas metropolitane erano il 30% della popolazione totale del Brasile, oggi raggiungono il 70%. Ghetti dove vivono decine di migliaia di persone ai limiti della sopravvivenza, con la disoccupazione al 50% e l’analfabetismo al 90, inurbamento dove il crimine è pane quotidiano.
E i meninos de rua vivono in strada, per sopravvivere, per lavorare, dove lavorare non significa altro che furto, spaccio, prostituzione, rapine. Piccoli delinquenti senza possibilità di scelta e che, ammesso che ci arrivino, diverranno adulti criminali. Per questo, la società civile li teme, li combatte, li sopprime: null’altro che un problema da risolvere, non importa come,  ci pensano gli squadroni della morte.
Lo scenario è infernale, una ragazzina di quindici anni violentata brutalmente da un poliziotto che l’aveva arrestata, un’altra dilaniata dai cani aizzati  dalla polizia all’interno di una chiesa, dove la piccola aveva cercato riparo dopo aver rubato un orologio. Un’altra ancora che mostra i seni devastati dall’Aids per sfuggire allo stupro.
Ragazzini che vivono tutti insieme, nel terrore di essere massacrati dalla temutissima Rota, i reparti speciali della polizia brasiliana, che ogni anno fa strage dei minori senza diritti.
Meninos de rua che sniffano colla o smalto per sfuggire all’orrore della realtà che sono costretti a vivere, ragazzine che non si accorgono neppure di essere violentate, prima le addormentano con il gas, meno grane.
Bambine di poco più di dieci anni costrette a masturbare poliziotti quarantenni, quindicenni incinte al settimo mese che perdono il figlio dopo essere state prese a stivalate nella pancia mentre dormono sul marciapiede sotto un cartone, colpi di frusta distribuiti alla cieca sui corpi addormentati.
E le bambine che rimangono incinte rifuggono l’aborto, nessun menino de rua ha mai abortito spontaneamente, è una regola non scritta, un codice di comportamento: un figlio significa rompere la solitudine e la mancanza di affetto.
E’ l’affetto la costante tra tanta violenza, la voglia di tenerezza, perché comunque rimangono bambini, come raccontano i volontari che tentano di occuparsi di loro “Dovreste vedere i loro occhi quando ascoltano per l'ennesima volta la loro fiaba preferita: il brutto anatroccolo. In fondo è così che si sentono: ma sperano ancora di poter diventare uno splendido cigno". 

World Cup Protest 8


Brasile: gli Indios dimenticati

Articolo da Salva le Foreste

Centinaia di Indios brasiliani protestano contro la Coppa del Mondo, marciando per le strade di Brasília e nei dintorni di Mané Garrincha, lo stadio di calcio della capitale, chiedendo la protezione delle loro terre. Ma sulla strada hanno incontrato la polizia che, in assetto antisommossa, non si è mostrata tollerante, come morta il video pubblicato da New York Times.
Mentre di milioni di dollari vengono spesi per ospitare la Coppa del Mondo, non ci sono soldi per la demarcazione delle terre indigene, vitali alla loro sopravvivenza.
Una delegazione di 18 manifestanti indigeni ha incontrato ieri il ministro della Giustizia. La tribù Guarani , il principale gruppo indigeno del Brasile, che soffre di tassi altissimi di malnutrizione ed è minacciata da un’ondata di suicidi: le loro terre, rubate per far posto a vaste piantagioni di canna da zucchero, non torneranno mai più. I loro leader sono spesso presi di mira e uccisi da uomini armati che pagati dai proprietari terrieri.
I nativi chiedono la loro terra sia delimitata come previsto dalla legge, prima che altre vite si perdono , e chiedono la cancellazione di una serie di progetti di legge che, se approvati, indebolirebbero drasticamente i loro diritti alla terra.
Autore: redazione Salva le Foreste
Licenza: Licenza Creative Commons
Articolo tratto interamente da Salva le Foreste
Photo credit Ben Tavener caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons

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