domenica 20 ottobre 2013

Il Signore delle signore

Il Signore delle signore

 Ribloggato da La fontana del villaggio:

gesu
Vittorio Messori nell’introduzione del suo “ipotesi su Gesù” ha coniato una geniale espressione, “il Signore delle signore”, per definire quell’immagine dolciastra di Gesù che si vede talvolta circolare: quel Gesù biondo con gli occhi azzurri, che non dice mai di no a nessuno, che non alza mai la voce, sempre sorridente, mai una parola sopra le righe, mai un capello fuori posto, dolcissimo da farti venire il diabete solo a pensarci…
In realtà a leggere il Vangelo, anche superficialmente, ci si rende subito conto che Gesù era tutt’altro: un tipo tosto, uno che urla quando c’è da urlare, che all’occorrenza sa usare anche le mani, uno che se vuole parlar chiaro non le manda certo a dire…
In questo periodo, grazie anche alla predicazione del Papa, c’è un risveglio di attenzione verso la tenerezza e la dolcezza di Gesù e questo è un gran bene, perché non si sottolinea mai abbastanza il rischio di togliere al Cristianesimo la sua dimensione di tenerezza, di sollecitudine, di perdono, la sua “parte femminile” per così dire. Purché appunto non si cada nell’eccesso opposto e non si trasformi il Signore nel “signore delle signore”, purché cioè non si finisca col trasformare il Vangelo in una cosa da donnicciuole.
Il vangelo è per tempre forti, roba da uomini veri, come quelle suore che S. Teresa d’Avila apostrofava dicendo “siate uomini!”, perché domanda decisioni radicali, sacrificio, lotte interiori ed esteriori e quindi chiede nervi saldi, determinazione, niente sentimentalismi e pedalare. Guai ad evirarlo, guai a togliere alla fede la sua parte virile. Parafrasando il Papa, è vero che non dobbiamo essere peperoncini all’aceto, ma non dobbiamo diventare per questo zuccherini al miele.
Credo che uno dei motivi per cui le nostre liturgie non dicono più niente a nessuno se non ai bambini (e anche su questo ci sarebbe da discuterne) sta nel fatto che le abbiamo rese sempre meno virili. Preghiamo in modo sentimentale e zuccheroso e quindi pensiamo e parliamo in modo sentimentale e così inevitabilmente abbiamo permesso che la fede scivolasse dall’area della volontà a quella del sentimento e da questa a quella della pura emozione, così che la nostra fede è diventata un fatto talmente privato che non dà più fastidio a nessuno. In particolare non dà fastidio neppure a noi stessi, infatti non ci domanda nulla, se non di sentire qualche brividino ineriore, non un sacrificio, non una presa di distanza, non una scelta… solo dolcissime emozioni.
Intendiamoci, non penso affatto che questa sia l’immagine di Gesù che ha il Papa. Francesco è un figlio fedele di Ignazio ed Ignazio era un soldato, un guerriero della fede, non c’è proprio niente di sentimentale o zuccheroso nella spiritualità dei gesuiti. Il fatto è che questa generazione è diventata così debole e languida che non ha la più pallida idea di cosa sia effettivamente l’amore e di come domandi scelte forti e coraggiose e di come, quando si ama, avvenga in modo del tutto naturale e senza alcuna forzatura di coniugare tenerezza e virilità.
Roberto Marchesini nei suoi libri mostra molto bene la causa di tutto questo: l’eclisse della virilità, il ruolo sempre più marginale, sempre più indefinito, che l’amore maschile ha nel nostro tempo. Proprio perché in questa società l’immagine del maschio sta scomparendo succede che non ci rendiamo più conto di come si possa amare in modo virile e quindi essere insieme teneri e risoluti, dolci e forti, tolleranti e combattivi.
Allora più che mai abbiamo bisogno di Gesù, il maschio esemplare, come lo chiama in uno splendido libro la psicologa e teologa protestante Hanna Wolf. da lui dobbiamo re-imparare ad essere maschi, teneri e forti, purché stiamo ben attenti a non vedere solo gli zuccherini

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